
E’ il secondo uragano giudiziario quello che si è abbattuto oggi sulla sanità catanzarese, con l’arresto di 13 persone finite nel mirino della procura per quella che vede definita una gestione «privatistica» delle liste di attesa e delle strutture pubbliche a distanza di due settimane da quello precedente. Il primo luglio scorso un’altra operazione della Guardia di finanza aveva coinvolto il reparto di oculistica dell’Azienda ospedaliero-universitaria «Renato Dulbecco» di Catanzaro, il cui primario Vincenzo Scorcia, 48 anni, era stato posto ai domiciliari dai finanzieri del comando provinciale di Catanzaro insieme alla segretaria di uno studio privato, Maria Battaglia, di 50 anni, in esecuzione di un’ordinanza del gip. Associazione a delinquere, peculato, concussione, truffa aggravata e interruzione di pubblico servizio i reati contestati ai due, mentre il medico deve rispondere di falsità ideologica e autoriciclaggio. Gli indagati complessivamente, in quell'inchiesta, che, precisano gli inquirenti, non è connessa a quella odierna, erano 12. Nei confronti di cinque degli indagati era stato eseguito un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro e beni pari a 984.762,23 euro, pari al profitto dei reati contestati. Le indagini condotte dagli investigatori del gruppo tutela spesa pubblica del nucleo di polizia economico-finanziaria avrebbero consentito di delineare l’operatività di un’associazione per delinquere, composta da due dirigenti medici del reparto di oculistica e da un’infermiera dell’ambulatorio di Oculistica dell’azienda ospedaliero-universitaria di Catanzaro nonchè dalla segretaria dello studio privato dove uno dei medici svolgeva irregolarmente attività libero-professionale, che avrebbero commesso una pluralità di reati, funzionali alla gestione illecita delle procedure delle liste d’attesa presso il reparto di Oculistica dell’ospedale volto a garantire un trattamento ospedaliero privilegiato ai pazienti visitati privatamente.
Gli accertamenti avrebbero consentito di rilevare come alcuni medici in servizio nell’ospedale di Catanzaro fossero soliti effettuare interventi chirurgici su pazienti previamente visitati, a pagamento, durante lo svolgimento di attività extra-istituzionale privata, garantendo loro, conseguentemente, un trattamento privilegiato rispetto ai pazienti ambulatoriali che avevano osservato le disposizioni per l’accesso alle prestazioni sanitarie pubbliche e che erano stati inseriti nelle rispettive liste di attesa. Di fatto, un sistema privato di prenotazioni e prestazioni erogate gratuitamente dall’ospedale. Secondo l’accusa, in alcuni casi, la gravità della situazione clinica riscontrata e la conseguente necessità di sottoporsi con urgenza al trattamento chirurgico poneva i pazienti in una condizione psicologica di sostanziale costrizione che li induceva ad accettare di pagare privatamente il medico per essere sottoposti all’intervento presso la struttura pubblica. Si sarebbe quindi determinata una «privatizzazione» del reparto di Oculistica, con evidenti ricadute negative sulla qualità del servizio pubblico offerto, stante la dilatazione dei tempi di attesa per accedervi. Cinque medici, inoltre, nonostante avessero optato per il rapporto di lavoro esclusivo in favore della struttura pubblica che garantiva loro la percezione degli appositi emolumenti riservati al personale medico in regime di esclusività, svolgevano attività extra-istituzionale in studi e cliniche private, anche convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, con correlativo danno, per l’Azienda ospedaliero-universitaria o per l’Università degli studi Magna Graecia di Catanzaro.
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