
C'è un troncone sull'inchiesta sul cosiddetto «Cimitero degli orrori» di Tropea ancora coperto da segreto investigativo e che potrebbe riservare ulteriori e clamorosi sviluppi. Lo si evince chiaramente dalle motivazioni della sentenza con la quale il Tribunale di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Claudia Caputo, ha condannato a 5 anni di reclusione l’ex custode del cimitero Salvatore Trecate e a 3 anni e 6 mesi il figlio Salvatore ritenendoli «al di là di ogni ragionevole dubbio» responsabili di numerose violazioni di sepolcri, estumulazioni illecite, distruzione di cadaveri con il fuoco per fare posto - dietro corresponsione di denaro - alle salme di nuovi defunti. Il Tribunale nelle motivazioni della sentenza ipotizza una fuga di notizie sull'inchiesta e valorizza il fatto che, secondo il racconto (confessione) dell’ex custode del cimitero e della moglie, l’allora sindaco di Tropea, Giovanni Macrì, lo avrebbe avvertito dell’esistenza di un’indagine sul cimitero e pure sul fatto che Francesco Trecate (promosso in precedenza caposquadra comunale proprio dal primo cittadino) sarebbe stato arrestato. La vicenda del cimitero è finita del resto anche al centro della relazione di scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Tropea, confermato dal Tar del Lazio che ha ricordato come il custode abbia proceduto ad «estumulazioni illecite per destinare i loculi ai defunti di appartenenti alla locale cosca nonchè degli stessi amministratori e, in particolare, del sindaco».
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