Un Carlo Verdone che si concede completamente al pubblico del Teatro Politeama di Catanzaro gremito, pubblico che non risparmia applausi e risate. Non è uno spettacolo, ma un'intervista, quella che si aspettavano gli spettatori, però quando su un palcoscenico hai un mostro sacro cresciuto tra leggende del cinema come Alberto Sordi e Federico Fellini, quello che ottieni è un excursus regalato della sua vita ciak dopo ciak, dal primo fino all'ultimo, “Si vive una volta sola”, di cui ha solo fatto un accenno e che tra poco sarà nelle sale, girato con Anna Foglietta. Protagonista di un appuntamento in cartellone della rassegna “Musica & Cinema”, Verdone ha raccontato la sua vita: il primo incontro con la Sora Lella, il provino che le ha fatto insieme a Sergio Leone per il suo secondo lungometraggio. Le donne. Le grandi protagoniste del cinema di Verdone, le grandi protagoniste dell'appuntamento a Catanzaro. Parla con affetto un po' di tutte, specie della sorella di Aldo Fabrizi, ma della sua “anima gemella” Claudia Gerini spiega come con lei «in quindici minuti sono riuscito a riscrivere una scena di Viaggi di nozze tanto mi seguiva a ruota. Claudia rappresenta uno di quei miracoli rari nel mondo del cinema». Ha raccontato della perfezione e del perfezionismo di Laura Morante, «che mi ha costretto a rimanere sul set dopo le due di notte, perché ha voluto ripetere una scena 37 volte». Le donne, tuttavia, Verdone ha iniziato a rappresentarle in modo del tutto diverso nei suoi film: «Hanno tante sfaccettature, ma non ti annoiano mai, hanno una carica, un'ironia uniche. La donna ironica vince su tutto. E' un mondo che adoro. Con l'avvento del femminismo abbiamo capito, io e Troisi, che il tempo per certe commedie era finito. Noi abbiamo scelto quindi di rappresentare quello che era diventato l'uomo, un pugile all'angolo, che le prendeva dalle donne. Noi uomini siamo smarriti, loro invece sono forti e hanno le idee chiare». Tra una clip e l'altra che scorrono alle spalle di Verdone e del suo intervistatore Fabrizio Corallo, non si può non parlare dei maestri di sempre: Federico Fellini e Alberto Sordi, nell'anno del centenario. I mostri sacri del nostro cinema che «ogni giovane che volesse approcciare il cinema deve comunque studiare». Con Fellini, Verdone aveva un rapporto personale: «Non possiamo considerarlo solo un regista, era finanche psicologo, poiché ha colto la psicologia degli italiani. Ma anche dei suoi attori: lui li presentava a pubblico, non li giudicava, come Sorrentino. Fu un grandissimo uomo. Nell'ultimo periodo era malinconico, non riusciva a capire l'anima della società che stava cambiando. Ma rimane il più grande regista italiano di tutti i tempi». E su un ruolo drammatico? Ricordando la riuscita della sua parte ne “La grande bellezza” ha detto: «Mai dire mai. Sento che potrei fare benissimo anche il genere drammatico. Però ci vuole un regista, non io, che abbia una bella storia, un bel copione ed un personaggio adatto. Quando arriverà, io sono pronto. Anche perché sono nell'età adatta per farlo. Mi piacerebbe molto, spero che capiti. Così il pubblico potrà vedere un'altra mia sfaccettatura con cui potrei dare molto. D'altra parte, molti attori drammatici provengono dalla commedia». «Sono nell'età adatta: così il pubblico potrà vedere un'altra mia sfaccettatura»