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Tre esempi di maschile tossico e il nodo “identità”, spettacolo a Badolato

L’atteso debutto di «Fuck Me(n)»: ne parliamo col regista Liv Ferracchiati

Entra nel vivo il secondo atto della rassegna SPAc, Studies on Performing and Acting, organizzata nell’ambito della residenza MigraMenti gestita dalla Compagnia Teatro del Carro e diretta da Luca Michienzi e Anna Maria De Luca. Questa sera alle 21.15, al Teatro Comunale di Badolato ci sarà l’atteso debutto regionale di “Fuck Me(n)” di Giampaolo Spinato, Massimo Sgorbani e Roberto Traverso, a cura della compagnia Evoè! Teatro, con in scena Giovanni Battaglia, Emanuele Cerra e Paolo Grossi. La regia e l’adattamento sono di Liv Ferracchiati, il drammaturgo che con la sua «Trilogia sull’identità» ha conquistato la scena nazionale ottenendo i premi Hystrio e Scenario.
A pochi giorni dalla conclusione del Festival di Sanremo che ha aperto discussioni su diverse tematiche relative al sesso e all’identità di genere abbiamo parlato con Ferracchiati, che si definisce «principalmente un autore, qualcuno che lavora con le parole e con la curiosità di aprire i temi trattati e guardarli da prospettive nuove», non solo di “Fuck Me(n)”, ma anche di quanto accade nel Paese e del concetto di identità.
La nostra, come altre società, vive di etichette e convenzioni, secondo lei si arriverà, e come, a vivere la propria identità, in particolare l’identità sessuale, solo come un fatto personale e non come un «ma insomma si può sapere in quale delle tante identità inserisci»?
«In futuro avremo metabolizzato quei concetti che ora sono considerati come “nuovi” e legati alla nostra contemporaneità, ma che in realtà sono antichi. Questo perché li stiamo razionalizzando solo adesso. L’Oracolo di Delfi poneva un’esortazione fondamentale al visitatore: “Conosci te stesso”. Indagare come costruiamo la nostra identità è un tema universale e complesso, che è legato a questioni di carattere esistenziale e filosofico. Le nuove generazioni ne sono sempre più consapevoli, sanno che siamo costretti ad assumere delle “forme” per comunicare contenuti, per narrare chi siamo agli altri. Sono sempre più consapevoli che l’Identità è un tema centrale e non solo per le cosiddette “minoranze”. Quindi in futuro arriveremo ad essere più coscienti rispetto ad ogni convenzione e forma assunta. Le useremo come strumenti per narrarci e sempre di meno come ci faremo ingabbiare da esse».
Quindi l’identità non ha solo a che fare con la definizione del proprio sesso e di quello degli altri?
«L’identità è il modo di assumere o rifiutare modelli preesistenti e riguarda tutti. Quindi non voler riflettere su come avvengono certi processi di formazione identitaria vuol dire non avere interesse verso quei meccanismi fondamentali di espressione dell’essere umano e, forse, non conoscere se stessi...».
In “Fuck Me(n)”, lo spettacolo in scena, i tre protagonisti rappresentano altrettante tipologie di maschile tossico: un professore animale, vittima della sua bulimia di sesso e potere; un uomo devoto alla violenza, incapace di verbalizzare la sua frustrazione; infine, un padre che dichiara, sempre più apertamente, la sua intolleranza e gelosia nei confronti del figlio. Questi personaggi appaiono a prima lettura tre mostri, disperati, senza luci: sono tre carnefici che a loro volta sono stati vittime di un sistema che forma il ruolo di genere, di padre in figlio, in modo totalmente scisso dalle naturali esigenze dell’essere umano. «Fuck Me(n) – conclude Ferracchiati – è prima di tutto drammaturgia contemporanea e lavoro d’attore. Trovo estremamente interessante che tre autori di grande spessore , nonché tre “maschi”, se vogliamo ridurre in categorie, si siano confrontati con aspetti dell’essere “uomo”, cercando di decostruirlo e interrogandosi su come si possa riformare un nuovo modello di essere umano».

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