«Autonomia differenziata: non si può affrontare lo scandalo delle disuguaglianze della società nel nostro Paese, una nazione che conta circa dieci milioni di persone che versano in povertà relativa. L’autonomia non può essere differenziata perché è un bene comune. Dio non è cattolico, dio è di tutti e ci vuole tutti con la stessa dignità. Abbiamo un testo, ovvero la nostra Costituzione, che è nata per unire e non per dividere. Ma, evidentemente, nella testa di qualcuno c’è il sogno della secessione». Parole forti e appassionate quelle di don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione “Libera, nomi e numeri contro le mafie” che è stato ospite di uno dei tanti incontri di Trame 13, il festival dei libri contro le mafie, in corso a Lamezia.
In una piazzetta San Domenico gremita di gente, incalzato dalle domande di Patty Torchia, giornalista de La7, il sacerdote ha puntato il dito contro il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata approvato dal Parlamento nei giorni scorsi. “La nostra Costituzione – ha rimarcato il sacerdote – è fatta per tutti. Il presidente Pertini ci ha detto che il primo vero modo per lottare contro le mafie è l’applicazione della Costituzione su cui si fonda la nostra Repubblica».
Ai tanti presenti in piazza, don Ciotti ha detto: «Siate orgogliosi di essere calabresi. In questa terra deve emergere il bello ma anche ciò che non va. Se c’è una malattia terribile – ha commentato – questa è la delega, il voler demandare ad altri le cose da fare. Ci sono i neutrali, i mormoranti; così come c’è la rassegnazione nell’affermare che le cose non cambieranno mai». «In realtà – ha sostenuto don Ciotti – il cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi. Ci sono momenti in cui tacere è una colpa mentre parlare è un obbligo morale».
Il fondatore di Libera ha poi ricordato il primo incontro di Papa Francesco con i familiari delle vittime innocenti di mafia il 20 marzo 2014. Un momento di grande emozione che il Santo Padre ha voluto fortemente vivere, dietro sollecitazione dello stesso don Ciotti. In quell’occasione Papa Bergoglio ha chiesto in ginocchio agli uomini e alle donne di mafia di pentirsi, di convertirsi, di non continuare a vivere per fare il male. Il 21 giugno successivo Papa Bergoglio è andato a Cassano allo Jonio dove qualche mese prima era stato barbaramente ucciso Nicola (Cocò) Campolongo, un bimbo di tre anni. Il fondatore di Libera ha ricordato che nella cittadina calabrese il pontefice ha detto che «la ‘ndrangheta è adorazione del male, disprezzo del bene comune. Un male che va combattuto e allontanato dalla Chiesa. Gli uomini della ‘ndrangheta non sono in comunione con Dio, sono scomunicati. Le parole del Papa – ha detto poi don Ciotti – non lasciano spazio alle reticenze del passato perché c’è piena incompatibilità tra le mafie e il Vangelo. Dio ci chiede conto di essere persone vere. La Chiesa, che si interessa della dimensione profonda delle persone, certamente è molto cresciuta ma c’è ancora tanta strada da fare tutti insieme: società, istituzioni, associazioni, mondo ecclesiale».
Dalla piazza di Lamezia è partita anche l’esortazione alla denuncia, a dire «no» da parte di chi subisce le vessazioni delle consorterie criminali. «In ogni caso non basta tagliare la “mala erba” in superficie, bisogna estirpare il male alla radice – ha sentenziato don Ciotti – . Servono anche politiche sociali mirate: casa, lavoro, scuola, servizi. Investimenti a lungo termine e non a breve scadenza da parte di chi governa. Oggi le mafie sono più forti al Nord ma qui al Sud rimane la “casa madre”. La politica deve riflettere: più fatti e meno slogan».
Dopo l’incontro con don Ciotti, Trame 13 ha ospitato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri e lo scrittore Antonio Nicaso che hanno presentato il libro «Il grifone. Come la tecnologia sta cambiando il volto della ‘ndrangheta». Oggi la giornata finale.
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