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Giovedì 19 Giugno 2025

Trame a Lamezia, il Festival comincia parlando d’accoglienza

Storie, memorie e giustizia al centro della prima giornata di Trame, il festival dei libri sulle mafie che fino a domenica riempirà le piazze di Lamezia con incontri, dibattiti, proiezioni, spettacoli. Inaugurazione nel pieno pomeriggio, alla presenza della grande famiglia del Festival, del direttore artistico Giovanni Tizian e delle istituzioni. «Dal 2011 si mossero i primi passi del Festival – ha subito raccontato Nuccio Iovene, presidente della Fondazione Trame – e allora forse nessuno pensava che sarebbe continuato per così tanto tempo». I ringraziamenti, da subito, alle autorità che a Lamezia hanno sempre sostenuto il festival e, per l’occasione, anche al nuovo sindaco appena eletto, Mario Murone, che ha tenuto a elogiare soprattutto la grande squadra dei giovani volontari che ogni anno animano Trame. Parla soprattutto del principio di «contaminare una comunità» il giornalista Giovanni Tizian, per la quinta volta direttore artistico di Trame e che ammette la fase storica e preoccupante «per quanto accade nel mondo. Noi proponiamo temi che hanno un certo peso nel dibattito pubblico, non scordiamoci che ancora oggi molti giornalisti vengono intimiditi o peggio muoiono per fare il proprio lavoro. Fare informazione – aggiunge Tizian – vuol dire rendere i cittadini più liberi, più consapevoli, coscienti dei propri diritti e dà loro la possibilità di smarcarsi dai ricatti. “Liberi liberi” – il riferimento al tema scelto quest’anno – vuol dire questo: liberi di scegliere il proprio percorso senza che nessuno lo scelga per te». Focus del primo giorno di Trame, il dibattito sull’accoglienza e i salvataggi in mare, anche in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, che il Festival ha pensato di onorare con un ampio dibattito con Maso Notarianni (Progetto TOM Tutti gli occhi sul Mediterraneo), Don Giacomo Panizza (Progetto Sud), Francesco Cancellato (direttore di Fanpage), Andrea Fabozzi (direttore de Il Manifesto) e Maria Scaramuzzino (Gazzetta del Sud). Toccante momento teatrale con «Voci di lontano», a cura di Achille Iera e uno spazio anche per la visita virtuale alla nave di Emergency “Life Support”. Un’ampia finestra dedicata al dramma dei migranti, dunque, organizzata in collaborazione con il Movimento Umanità In Ricerca promosso da Associazione Comunità Progetto Sud (SAI Ordinari e Minori Lamezia Terme - SAI Ordinari Miglierina), Pax Christi-Punto Pace Lamezia Terme, AGESCI Zona Reventino, Fondazione Trame, InRete Cooperativa Sociale (SAI Ordinari e Minori Lamezia Terme - SAI Ordinari Miglierina), Associazione ARCI Lamezia Terme/Vibo Valentia, Arci Servizio civile Lamezia Terme/Vibo Valentia, Associazione Mago Merlino, Azione Cattolica Diocesi di Lamezia Terme. Emozionati ed emozionanti, i tanti giovani migranti che dal palco hanno donato una performance teatrale tagliente, pulsante di vita e di energia. «Lavorarci è stato interessante – ci ha detto Achille Iera, attore e curatore della performance – perché ognuno parte da esperienze e background differenti. Abbiamo tentato di mettere in luce ogni modo di essere, ogni capacità, ogni attitudine, ogni slancio, partendo dalle differenze e cercando una sintesi. Tutti quanti si sono sentiti parte di qualcosa». Il tema è proseguito poi con la presentazione del documentario di inchiesta «Ombre sul mare» di Antonia Ferri e Arianna Eagle Ventre, Premio Morrone per il Giornalismo investigativo, in collaborazione con Fanpage, e dopo un dibattito con Francesco Cavalli dello stesso Premio, le registe e Massimo Razzi de Il Quotidiano del Sud. Sempre al Chiostro di San Domenico, si è tenuto anche l’incontro con Mariangela Paone, reporter specializzata in informazione internazionale, a proposito del suo libro “Sospesa”, scritto con Rezwana Sekandari ed edito Add Editore. Incontro anche con Giovanni Bianconi e il suo libro «Una come noi» (edito Treccani) con il giornalista Nicola Mirenzi. Inaugurate, infine, le mostre. A chiudere la serata, l’atteso docu «Cutro, Calabria, Italia», uno spaccato potente su tragedia, responsabilità e memoria del regista e sceneggiatore calabrese Mimmo Calopresti che, con passione, in dialogo col giornalista Andrea Fabozzi, del Manifesto, si è soffermato diffusamente sul suo lavoro. «Il reportage racconta la comunità, racconta di questi calabresi che improvvisamente vedono questi cadaveri e si mettono a disposizione per dare una mano con i sopravvissuti, con i parenti che arrivano. Viene fuori l’anima dei calabresi abituati all’emigrazione. Viene fuori una Calabria che soffre perché i ragazzi vanno via. I calabresi non sono così felici di vedere arrivare queste persone dall’esterno, ma capiscono che sono persone che nei loro paesi non stanno bene, che c’è qualcosa che non funziona, forse i calabresi hanno anche capito che se riuscissero a tenerseli qua, dar loro case, lavoro, come ha fatto Mimmo Lucano a suo tempo, può darsi che questa immigrazione per la Calabria diventi una grande risorsa». Una narrazione che forse va contro quella dominante, conferma Calopresti, ma «che quando va sul pratico fuoriesce anche dalla politica, diventa un’altra cosa. Cutro diventa il centro di qualcosa di importante che è successo, anche per la politica. C’è qualcosa che, se vista nella sua realtà, potrebbe cambiare definitivamente la narrazione odierna».

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