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"Fondo di solidarietà comunale distorto", tavolo tecnico a Tropea

Si è concluso ieri a Tropea il primo tavolo tecnico per affrontare il problema del Fondo di Solidarietà Comunale che non rispetta i parametri costituzionali perché calcolato in maniera inesatta dalle agenzie tecniche del Ministero dell’Economia. Presenti il vice sindaco di Tropea Roberto Scalfari, l’assessore al bilancio di Tropea Caterina Marzolo, il consigliere comunale di Parghelia nonché consigliere provinciale Daniele Vasinton, la consigliera comunale di Pizzo Carmen Manduca, il consigliere comunale di Drapia Pino Rombolà e il docente di sociologia dell’ambiente e del territorio dell’Unical Antonino Campennì. Secondo le stime del comitato “Calabria Sociale”, l’allocazione sbagliata dei fondi ha portato, solo nel 2018, a degli ammanchi nelle casse comunali che ammontano, per Tropea, ad 1 milione e 397mila euro, per Ricadi a 1 milione e 298mila euro, per Lamezia a 11 milioni, per Reggio Calabria a 31 milioni di euro. Ma quasi nessun comune del mezzogiorno è immune da questa sottrazione di risorse, ed uno degli scopi del comitato è quello di creare una tabella con le cifre riguardanti ogni municipio calabrese.

L’incontro è stato condotto da Domenico Cortese, dottore di ricerca e tra i fondatori del comitato, il quale ha illustrato tecnicamente le contraddizioni dell’attuale sistema di ripartizione del fondo perequativo. Secondo quanto risulta, tale fondo – che dovrebbe, secondo la Costituzione, coprire la differenza fra la capacità fiscale di un comune e quanto stimato per finanziarne i così detti servizi essenziali locali – presenta tre problematiche: il fatto che sia calcolato per una gran parte per mantenere la spesa storica dei comuni (più alta nelle regioni ricche), il fatto che sia finanziato orizzontalmente dagli stessi comuni rendendolo scarso nelle risorse e, soprattutto, il fatto che quella piccola parte allocata realmente in relazione ai fabbisogni da soddisfare si basi in realtà su una valutazione dei fabbisogni che ricalca lo status quo dei servizi erogati da un comune, piuttosto che i reali bisogni per lo sviluppo sociale. «Se non possiedi asili nido non ne hai diritto. Anche grazie all’attività di giornalisti d’inchiesta come Marco Esposito – sostengono i membri di “Calabria Sociale” - questi problemi stanno pian piano emergendo dalla totale inconsapevolezza. Tante piccole realtà locali si stanno muovendo in tal senso e noi puntiamo a fare rete e creare un movimento di amministratori locali che pretenda l’applicazione della Costituzione e della legge 42/2009, che perlomeno prevedeva l’istituzione dei livelli essenziali delle prestazioni. Facciamo un appello a tutti i sindaci della Regione».

Una presenza importante è stata quella di Flavio Loria, assessore al bilancio di Cinquefrondi, uno dei pochi comuni calabresi che ha effettuato il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per il problema dei fondi, il quale ha illustrato il percorso fatto a livello sia culturale che giuridico dalla propria amministrazione. E’ intervenuto poi Enzo Piperno, membro del coordinamento dei comitati sociali di Rende “Decidiamo noi”, che ha dato uno sguardo storico sul problema dell’applicazione del federalismo, oltre proporre l’istituzione di canali mediatici unici dai quali divulgare i documenti prodotti dal comitato. Sottolinea quest’ultimo, «tutti i rappresentanti presenti hanno dato pieno appoggio alla battaglia e ci siamo dati degli obiettivi da raggiungere, tra i quali la deliberazione di una mozione congiunta da mandare alle istituzioni governative. Abbiamo ricevuto l’adesione e l’interesse anche di personalità oggi non presenti, come di alcuni consiglieri di Zambrone, Ricadi e San Calogero, oltre che di Gianluca Callipo il quale, come presidente dell’Anci Calabria, era già a conoscenza del problema».

Per i fondatori del comitato il tema dei fondi comunali è la priorità assoluta per ogni politica solidarista odierna anche alla luce dei possibili nuovi sviluppi del processo dell’autonomia differenziata: «noi riteniamo che la Costituzione vada letta tenendo presente che tra i principi fondamentali c’è l’obbligo, per la Repubblica, di rimuovere ogni ostacolo che precluda l’uguaglianza fra i cittadini e comprometta la piana realizzazione umana: ciò significa che il Titolo V, nel suo concedere “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” alle regioni, andrebbe letto in maniera minimale, ovvero concernente solo aspetti di peculiarità culturali e territoriali. Ma siamo consapevoli che questa sarebbe una battaglia ancora troppo grande e ci limitiamo, al momento, a pretendere che ogni modello di federalismo fiscale o autonomia gestionale assicuri le risorse affinché ogni cittadino che nasce in Calabria possa avere le stesse opportunità di un cittadino che nasce in Lombardia».

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