Bolzano, Milano e Bologna spiccano come le province italiane più sostenibili. Cerved ha analizzato il territorio nazionale sulla base di 280 indicatori di sostenibilità economica, sociale e ambientale e stilato una classifica dominata dal Nord Italia. Per trovare la prima provincia meridionale bisogna scendere fino alla 29esima posizione, dove si colloca Pescara. Roma, la capitale, è subito sotto, 30esima.
La mappa
La mappa tracciata nel «Rapporto Italia sostenibile» mostra che il divario tra il Nord e il Sud si è ampliato nella pandemia, con le province più povere del Mezzogiorno che investono meno in servizi sociali e tutela del territorio. Questa situazione rischia di avere conseguenze pesanti» nel contesto post-Covid, quando la disoccupazione potrebbe schizzare dal 10% al 17% in caso di ritardi nella campagna vaccinale o nel piano di ripresa e resilienza.
Posti di lavoro
I posti di lavoro persi potrebbero raggiungere quota 1,9 milioni a fine anno, rispetto al 2019. Il tasso di disoccupazione salirebbe in zone del Mezzogiorno già provate dal punto di vista sociale come Messina, Trapani o Vibo Valentia, e non solo. Potrebbe raggiungere il 20% a Rimini, il 18% a Prato, il 15% a Venezia, Firenze, Aosta, Livorno, Milano. Rischiano, inoltre, di venire a mancare, a causa della pandemia 65 miliardi di euro di investimenti delle imprese, proprio quando queste sono chiamate al doppio sforzo della transizione ambientale e digitale a cui punta la strategia Next Generation Eu. In questo contesto, la finanza sostenibile potrebbe aiutare mobilitando, in Italia, un potenziale di 7,2 miliardi di euro di mini green bond. Ma le piccole e medie imprese, afferma l'amministratore delegato di Cerved Group, Andrea Mignanelli, rischiano di restare «fuori dai radar degli investitori». Su questo fronte, il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha detto di auspicarsi un voto del Parlamento per estendere l’obbligo di rendicontazione non finanziaria, che è introdotto quattro anni solo per le grandi imprese sopra i 500 dipendenti. «È stato un grave errore», afferma Giovannini spiegando di averne già parlato con il ministro dell’Economia, Daniele Franco.