Affitti, gentrificazione, desertificazione: a Catanzaro una riflessione sulle città che cambiano
La sala convegni dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro ha ospitato il seminario “Affitti, gentrificazione, desertificazione. Problemi, ostacoli normativi e soluzioni”, promosso da Confedilizia Calabria con il patrocinio degli Ordini degli Ingegneri, dei Dottori Commercialisti, del Collegio dei Geometri della provincia di Catanzaro e della BCC Calabria Ulteriore. L’incontro ha costituito un’occasione di approfondimento su fenomeni che incidono profondamente sulla morfologia urbana e sulla vitalità economica delle città italiane, in particolare quelle del Mezzogiorno. A introdurre l’importante evento, moderato da Giuseppe Mercurio, giornalista della Gazzetta del Sud, è stato Antonio Abate, vicepresidente di Confedilizia Catanzaro e presidente Coram, che ha sottolineato l’urgenza di affrontare le dinamiche in atto con strumenti nuovi, orientati alla semplificazione normativa e alla valorizzazione della proprietà privata quale motore di rigenerazione urbana. I lavori sono poi entrati nel vivo grazie agli interventi di Claudio Amato (ricercatore FVS), Sandro Scoppa (presidente di Confedilizia Calabria) e Antonio Viscomi (ordinario all’Università Magna Graecia di Catanzaro), i quali hanno delineato da prospettive diverse ma convergenti le cause profonde e le possibili soluzioni ai fenomeni di desertificazione e gentrificazione urbana. In particolare, è stata criticata la lettura riduttiva che attribuisce questi fenomeni a un presunto eccesso di libertà del mercato. Al contrario, è stato messo in luce come il declino dei centri storici sia il risultato di trasformazioni profonde: l’invecchiamento della popolazione, la frammentazione dei nuclei familiari, la diffusione dello smart working, la crescente mobilità e l’espansione del commercio digitale. In questo contesto, il quartiere urbano perde progressivamente la sua dimensione identitaria e relazionale, trasformandosi in un insieme disarticolato di funzioni provvisorie. Un focus specifico è stato riservato alle locazioni non abitative, settore strategico per la tenuta economica dei centri urbani, oggi ostacolato da una normativa frammentaria e da ostacoli burocratici che ne limitano l’adattabilità. È stato evidenziato come, contrariamente a una certa retorica, i canoni commerciali si siano spesso ridotti, riflettendo un indebolimento della domanda più che dinamiche speculative. In questo quadro, l’adozione di formule flessibili, come i temporary store, appare decisiva per intercettare nuove esigenze e incentivare il riuso degli spazi. La gentrificazione è stata letta in chiave non ideologica, come un possibile fattore di riqualificazione e rilancio. Se governata con intelligenza, essa può attrarre nuovi investimenti e rianimare quartieri in declino. Il vero rischio, è stato osservato, non risiede nel cambiamento in sé, ma nella rigidità delle regole che ne ostacolano l’evoluzione naturale. Una parte rilevante degli interventi ha riguardato la confusione normativa: l’intreccio di competenze statali, regionali e comunali genera incertezza, rallenta gli investimenti e alimenta la sfiducia. Invece di accompagnare il cambiamento, le istituzioni troppo spesso reagiscono con nuovi vincoli, divieti e il ritorno a formule fallimentari del passato, come l’equo canone. È stato ribadito che il mercato non va combattuto, ma sostenuto come risorsa per il rilancio urbano. Dal seminario è emersa una linea chiara: rigenerare le città non significa imporre modelli rigidi e uniformi, ma creare un contesto aperto, fondato su regole semplici, stabili e favorevoli alla libertà contrattuale. La vitalità urbana nasce dalla varietà delle soluzioni, dalla fiducia nell’iniziativa individuale e dalla capacità di adattare gli spazi alle esigenze della società contemporanea. La vera rigenerazione non può che partire dal basso. In chiusura, è stato riaffermato un principio essenziale: una città non è un bene da custodire inalterato, una sorta di museo, ma un organismo vivo, modellato ogni giorno dalle scelte libere di chi la abita, la trasforma, la investe. Solo rispettando queste scelte si potrà restituire senso, funzione e futuro agli spazi che oggi rischiano di svuotarsi non solo di persone, ma anche di significato.