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“Divieto di ammalarsi” a Belcastro, una “sberla” che almeno farà arrossire qualcuno

L’irriverente ordinanza del sindaco di Belcastro, Antonio Torchia, ha fatto più “danni” di mille pec. Lo ha riscontrato lui stesso, crucciandosi di non esser mai riuscito a scuotere l’Asp fino a questo punto. Una “sberla”, l’ennesima all’indirizzo della Regione, che tuttavia dubitiamo sortirà effetti. Resta la figuraccia per gli uomini d’apparato. Magra consolazione per i cittadini.
Ma cos’altro deve accadere, ci si domanda, affinché cambi davvero qualcosa? Il provvedimento goliardico del primo cittadino del borgo dell’Alto Ionio è sintomatico di una situazione sfuggita di mano; ingovernabile nei fatti, senza che nessuno però si assuma alcuna responsabilità. Nemmeno quella di arrossire.
Qualche ora fa, restando nel dramma del Mezzogiorno, il capogruppo dei renziani alla Camera, Davide Faraone, ha chiesto al ministro della Salute di commissariare la sanità siciliana poiché allo sbando: «Reparti senza medici, lunghe attese in barella, turni massacranti nei pronto soccorso, nonostante lo straordinario impegno di medici, infermieri e di tutto il personale socio-sanitario». Un “copia incolla” sarebbe perfetto per il quadro calabrese, magari aggiungendo qualche parola sul dramma delle aggressioni ai medici. Unica sostanziale differenza con la Sicilia: la Calabria è già commissariata, peraltro da un bel po’...
Uno status critico che non riesce ad affrancarsi dall’emergenza stessa, ormai pervasiva. Rischiando, come nel caso delle guardie mediche inesistenti, di trasformarsi in qualcosa di peggio. Qualcosa di molto simile al caos. A quel punto non ci riguarderà più far notare se un politico o un commissario si sarà vergognato o meno per quello che non ha fatto.

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