Il giorno dopo la celebrazione della “salvezza” del Comune, in tutte le salse, è tempo di riflessioni. Ed è bene partire dalla certezza: lo Stato, con un fondo di rotazione da 50 milioni di euro annuo per 10 anni, redistribuito nei 12 Comuni che rientreranno nel provvedimento, garantirà il risanamento dell’Ente, dal disavanzo cristallizzato poco sotto i 31 milioni di euro. Il prezzo da pagare per i cittadini, sarà l’aumento dell’aliquota Irpef, ma non soltanto. Le prescrizioni appaiono numerose, a partire dai tagli sostanziali ai costi della politica che, nell’ultimo anno, per la verità, sono aumentati.
Quali, allora, a questo punto, sono i nodi che rimangono da sciogliere? Il primo e il più significativo è legato alle risorse che l’Ente potrà riavere a propria disposizione. Se con il fondo di rotazione si potrà colmare il deficit, le maggiori entrate Irpef e le aliquote Imu, Tari, canone idrico e chi più ne ha più ne metta, potrebbero in futuro essere riabbassate per una città vessata di tasse e senza servizi? Una domanda alla quale l’Amministrazione, oggi, non può rispondere.
L’unico dato certo, come chiarito in conferenza stampa anche dal segretario generale, sta nel fatto che non si potrà toccare l’aliquota Irpef, per come previsto nelle misure del patto salva-città, già transitate dal Consiglio comunale. Tasse alle stelle, dunque, per i contribuenti, in una situazione che di dissesto non è sul piano formale ma che risponde – come specificato da diversi eletti in Aula – ad un dissesto sostanziale. La verità è che il deficit, essendo strutturalmente legato al debito tessuto sociale del territorio, oltre che agli sprechi della politica (oggi decisamente inferiori rispetto al passato), necessariamente andrà a riformarsi se non si interverrà in modo deciso sull’evasione fiscale. Oggi, le tasse le paga solo una fetta della città e al di là delle inezie sbandierate in Aula dall’assessore ai Tributi, l’incasso continua ad essere inferiore per l’Ente rispetto alle esigenze dei cittadini.
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