La partita è chiusa. Enzo Romeo ha trionfato al ballottaggio contro Roberto Cosentino ed è stato eletto sindaco di Vibo Valentia. 911 voti di scarto tra i due competitors nel secondo turno delle elezioni comunali vibonesi: ed è questa cifra in valore assoluto che spiega la distanza netta tra i due, al di là del valore percentuale (53,60% Romeo contro il 46,40% di Cosentino).
Il Pd ha fatto centro con Romeo
Due anni di discussione, di dialogo, di incontri, tavoli tematici, interpartitiche. Il Partito democratico a Vibo, ripartito dalle ceneri, aveva un solo nome: Enzo Romeo. Francesco Colelli (segretario cittadino dei dem) ci ha creduto dall'inizio, e importando in salsa vibonese la famosa teoria dell'elettore mediano del politologo americano Anthony Downs, ha puntato su una figura sì di sinistra, ma moderata.
Le elezioni si vincono al centro e il Pd vibonese lo ha capito puntando su un nome che potesse fare breccia in più strati della popolazione vibonese: le classi, per così dire, più agiate della città, ma anche quella fetta di popolazione più legata ai valori della sinistra e, per così dire, meno aristocratica e borghese. Romeo già al primo turno aveva intercettato un voto a suo favore che aveva lasciato intendere già in quella sede che la partita al ballottaggio poteva giocarsela quantomeno alla pari. A Vibo, dopo mesi di tribolazioni, dopo settimane stantie in cui la coalizione progressista da un lato andava imperterrita avanti con Romeo, dall'altro (su tutti il deputato del M5S Riccardo Tucci) avrebbe voluto puntare su un candidato civico pensando che Romeo potesse rappresentare il vecchio. Ma già una buona fetta di città aveva sposato il progetto di Romeo con il suo ambizioso Centro Studi Progetto Vibo attorno al quale aveva aggregato professionisti di vari settori: avvocati, medici, architetti, sociologi, esperti di economia e urbanistica. Alla fine la coalizione, volente o nolente, ha virato (per mancanza di alternative) su Enzo Romeo. La differenza, nell'offerta politico-elettorale delle elezioni comunali, l'ha fatta lui: il refrain delle scorse settimane spesso tra la gente era il seguente: "tra i tre candidati a sindaco (c'erano anche Cosentino e Muzzopappa, oltre alla candidatura arriva in extremis della comunista Murabito) Romeo è quello più affidabile". La sfida era quella di andare al ballottaggio e poi giocarsela: si è detto spesso che le liste di Romeo erano poche e deboli, ma alla fine i numeri lo hanno premiato e il voto disgiunto gli ha permesso di arrivare secondo superando la forte concorrenza di Muzzopappa.
Perchè Cosentino ha perso e perchè il centrodestra si è liquefatto
Dall'altra parte della barricata ecco un centrodestra spaccato all'inverosimile. In estrema sintesi: in autunno la sindaca uscente Maria Limardo (già indebolita dall'uscita dalla maggioranza di Città Futura) è praticamente fuori dai radar per una possibile ricandidatura. Troppo divisiva, troppo ingombrante. I dati di sondaggio sono impietosi e allora ecco la caccia ad una nuova figura. Passa del tempo, si arriva a fine anno e il 30 dicembre, in quel famoso incontro pubblico che inaugura il nuovo teatro nel quartiere di Moderata Durant, la sindaca sembra rifiorire e sembra pronta in qualche modo a riprendere le redini. Lei ci ha sempre creduto, era pronta a ricandidarsi, era pronta a riscendere in campo. Lo avrebbe fatto ad ogni costo, ma alla fine è stata stoppata dai suoi alleati più vicini, da quella Forza Italia che ancora oggi ripete il fastidioso "mantra" che è stata la Limardo a scegliere di farsi da parte. Sta di fatto che la sindaca, quand'anche ci fosse stata una minima possibilità di riaggregare le forze sulla sua ricandidatura, si butta la zappa sui piedi da sola. La "prima" al teatro diventa una vera e propria farsa, le autorizzazioni per lo spettacolo di Ale e Franz non ci sono.
Il teatro inaugurato a fine anno sostanzialmente ancora non è pronto per poter ospitare qualsivoglia tipo di evento. Alla fine la "prima" si tiene: ma per pochi intimi ed eletti, fuori dal teatro si crea il caos e sui social esplode il malcontento. E' la goccia che fa traboccare il vaso: ogni dubbio viene dissipato e si inizia davvero a lavorare per un nuovo candidato. C'è un problema però: grande come un grattacielo. Il centrodestra non c'è più a Vibo: Forza Italia ha perso la sua spinta propulsiva, la lotta interna tra Mangialavori (defenestrato a livello regionale dal potentissimo deputato reggino Cannizzaro) e Daffinà (fedelissimo da sempre del presidente Occhiuto che in questa tornata elettorale ha eletto il genero Vincenzo Porcelli) si acuisce. Gli alleati non ci sono più: Fratelli d'Italia a Vibo città non esiste (pur avendo preso 1499 voti al primo turno: il più votato è stato Antonio Schiavello, capogruppo di Forza Italia uscente con 360 preferenze), la Lega idem. Noi Moderati con la vulcanica segretaria provinciale Maria Rosaria Nesci aveva già da tempo virato verso altri lidi. Movimenti civici neanche l'ombra, soprattutto dopo l'uscita del gruppo di Vito Pitaro, Città Futura. Inizia la resa dei conti: Mangialavori si "addormenta" ed esce di scena: la partita a scacchi viene affidata a Michele Comito (consigliere regionale e coordinatore provinciale azzurro) e Tonino Daffinà. Fari e fanali accesi su Roberto Cosentino, figlio di Franco (già sindaco di Vibo negli anni 80' e storico esponente della Dc). Il centrodestra vira sul dirigente regionale con l'obiettivo di creare una sorta di discontinuità interna e superare la fase Limardo. La scelta di Cosentino riporta dentro il centrodestra Vibo Unica di Stefano Luciano e il partito Indipendenza guidato dall'ex senatore Franco Bevilacqua. Entrambi erano stati all'opposizione della sindaca Limardo. Ma lo slogan di "Andiamo Oltre" non paga. Cosentino, seppur sia un dirigente apprezzato alla Cittadella, non ha di fatto l'autonomia decisionale per poter forzare la mano. Il tempo a disposizione è poco: prova a farsi conoscere, si dimostra ipergentile nei modi, ma di fatto rimane sconosciuto a una buona fetta di popolazione che magari lo avrebbe voluto vedere accanto alla porta di casa, o vicino alla buca nella strada di quartiere o al marciapiede pieno di sterpaglie. Un dato, quest'ultimo, sottolineato anche dagli alleati nel comizio finale di venerdì scorso ed è il senatore Fausto Orsomarso a gettare il sasso nello stagno: "Roberto tu sei troppo buono, Roberto ti hanno visto più in radio che in strada tra la gente".
Ma torniamo, e concludiamo, a Mangialavori: il deputato re dei consensi elettorali degli ultimi anni si è messo da parte. Ha lavorato dietro le quinte in questi mesi senza esporsi, se non per ribadire ad ogni piè sospinto il buon operato della sindaca Limardo. Quasi mai un appoggio convinto alla squadra, se non alle sue scuderie (eletti in Consiglio comunale le persone più vicine a lui, Carmen Corrado e Pino Calabria). Dopo la debacle del primo turno, ecco il ritorno di fiamma. Quasi a dire, avete visto? Senza di me non riuscite a vincere, adesso torno in campo io. Post social, appelli al voto ad andare casa per casa. E poi il comizio finale: una prova muscolare per attaccare Romeo e il centrosinistra, per ribadire ancora una volta che la Limardo ha fatto bene. Chiosa finale su Fratelli d'Italia: il partito più forte d'Italia a Vibo non c'è. In Consiglio comunale ci va uno dei più votati, Antonio Schiavello, ma che non appartiene al partito. La lista di 25 nomi con all'interno una decina di candidati importati da Forza Italia. Ecco che allora a Vibo è arrivato il momento che il centrodestra faccia un vero e proprio bel bagno di umiltà e si interroghi sugli errori commessi e su come ripartire.
Vito Pitaro, un Cuore Vibonese... Ma adesso che succede?
Alla fine della fiera, ha avuto ragione lui. Vito Pitaro, stratega della politica ed ex consigliere regionale, è uno dei vincitori di queste elezioni comunali. Al primo turno la sua lista fa il pieno di consensi ed è la lista più votata in assoluto con quasi duemila voti. Uscito dalla maggioranza un anno fa (con ben 4 assessori dimissionari), il gruppo di Pitaro ha mostrato ancora una volta i muscoli dimostrando a tutte le forze politiche che per vincere è necessario passare dai suoi voti. Perchè è vero che Romeo ha vinto e ha goduto di una sua personale reputazione, ma alla fine è chiaro che il distacco di 911 voti con Cosentino passa anche dai voti che dalla coalizione di centro in qualche modo si sono riversati su Romeo.
Pitaro in questo momento aveva tutto l'interesse che il centrodestra perdesse. Adesso però si apre una partita nuova per l'ex enfant prodige della politica vibonese: un inizio nei Comunisti italiani, poi Pd, poi centrodestra. La sfida è quella di tenere unito un gruppo dove sono emerse delle frizioni, dove emergono professionalità di alto spessore come ad esempio i due consiglieri eletti, Cutrullà e Tucci. Dove, al contempo, sono rimasti fuori, pur prendendo consensi elevatissimi, personalità del calibro di Termini, Roschetti, Tripodi, Chiaravalloti (giusto per fare qualche nome). E se Pitaro ambisce a ritornare ad essere protagonista delle future competizioni elettorali (e non solo locali) dovrà necessariamente lavorare per tenere unita una squadra nella quale ancora i mal di pancia non sono del tutto andati via.
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