Un’autonomia differenziata che rischia di cristallizzare, e accentuare nel lungo periodo, i divari esistenti tra Nord e Sud. Il timore è forte dopo le tensioni sull’asse Calderoli-Comitato per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Clep). I tecnici, secondo indiscrezioni, avrebbero legato lo stanziamento di risorse in base al costo della vita delle varie regioni: così i territori del Sud riceverebbero meno fondi degli altri. Il ministro ha rivendicato alla politica una decisione del genere, rinviando così la questione. Lo scenario dal quale si parte è già caratterizzato da servizi pubblici differenti tra le diverse regioni. L’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica ha di recente realizzato uno studio che li mette a confronto, puntando su sanità, posti-km per il trasporto pubblico locale, Invalsi per l’istruzione e i posti disponibili per gli asili nido. L’analisi mostra una correlazione tra una misura di reddito (e del capitale sociale, ovvero la popolazione sopra i 14 anni che ha praticato volontariato nell’ultimo anno) e l’indicatore relativo alla valutazione del servizio. Per quanto riguarda l’istruzione si prendono in considerazione le prove Invalsi, che riguardano le competenze in italiano, matematica e inglese con un punteggio massimo di 100 punti. «Sicilia, Calabria, Sardegna e Campania – viene evidenziato – registrano punteggi gravemente insufficienti (sotto i 55 punti) mentre le cinque Regioni più virtuose, con punteggio superiore a 65, sono tutte del Centro-Nord». Dall’analisi emerge «una chiara correlazione positiva e significativa tra reddito pro capite e punteggio Invalsi e tra il livello del capitale sociale e il punteggio Invalsi». Sul fronte dei Lea (livelli essenziali di assistenza) i dati sono relativi al 2022 e confermano la correlazione reddito-punteggi: «La Calabria risulta inadempiente con un punteggio complessivo