Occhio alla colonnina del mercurio: se cuore e vasi sanguigni non sono in perfetta forma diventa un problema ogni volta che la temperatura scende sotto lo zero. D'altronde l’aumento di 8 gradi di temperatura riduce il rischio d’infarto del 3%, come ha dimostrato lo studio Swedeheart. Lo sottolineano gli esperti in occasione del 79esimo congresso nazionale della Società italiana di cardiologia (Sic), invitando i pazienti a rischio anche a non impegnarsi in attività pesanti all’aperto quando c'è molto freddo: l’associazione fra fatica e temperature polari, infatti, può essere un vero nemico per il cuore e aumentare fino al 34% il pericolo di un infarto. Meglio poi proteggersi dai malanni invernali, perché le infezioni respiratorie aumentano fino a 6 volte il pericolo di andare incontro a un attacco cardiaco. A chiarire lo scenario il presidente eletto della Sic, Ciro Indolfi, professore dell'Università Magna Graecia di Catanzaro: «Il meccanismo responsabile dell’aumento del rischio di attacco cardiaco dopo un’esposizione al freddo intenso è legato a molti fattori, tra cui il più importante è l’effetto di vasocostrizione indotto dalle basse temperature. Il restringimento dei vasi sanguigni infatti potrebbe indurre una rottura della placca coronarica e provocare la formazione di un trombo». «Se poi ci si aggiunge la fatica di spalare la neve, che aumenta molto la pressione arteriosa e fa salire il battito cardiaco oltre il 75% della frequenza cardiaca massima, il pericolo cresce ancora - aggiunge Indolfi -. Tutto questo è vero soprattutto in pazienti che non sono in perfette condizioni di salute o hanno numerosi fattori di rischio cardiovascolare, per esempio colesterolo alto, ipertensione, pregressi infarti». «L’eventualità di un infarto inoltre è consistente specialmente se si sceglie di attività fisica al mattino, fra le 6 e le 10, quando la probabilità di eventi cardiovascolari è massima nell’arco delle 24 ore - spiega il professore .- Infine, non bisogna dimenticare che anche le infezioni respiratorie, molto frequenti durante la stagione invernale e anch’esse in parte favorite dal freddo eccessivo, possono contribuire ad aumentare il rischio di infarto: nei giorni successivi a tosse, raffreddore o influenza (si può dire?) la probabilità di un attacco di cuore può aumentare fino a sei volte, soprattutto nei pazienti più fragili». Gli studi che indicano il freddo intenso come un possibile pericolo per cuore e vasi sono numerosi: una recente indagine svedese condotta su oltre 274.000 pazienti con problemi cardiovascolari seguiti nell’arco di 16 anni ha dimostrato che nelle giornate con una temperatura al di sotto di 0 gradi C il numero di infarti cresce. «La neve - aggiunge Giuseppe Mercuro, presidente Sic – non sembra invece un fattore di rischio; quello che conta è sempre la bassa temperatura che è l’elemento maggiormente associato all’aumento della probabilità di eventi cardiovascolari. Tuttavia, anche la velocità del vento, un minore numero di ore di luce e la bassa pressione atmosferica fanno salire il pericolo: in altri termini, quindi, le giornate invernali fredde e di maltempo sono quelle in cui la probabilità di problemi cardiovascolari è massima. Il suggerimento è "aggiustare" dal cardiologo la terapia anticoagulante riducendo l’esposizione al freddo attraverso abbigliamento e riscaldamento adeguati».