Si è insediato alla guida della più antica società di cardiologia d’Italia il professor Ciro Indolfi, neo eletto presidente della Sic, che raccoglie tutti i cardiologi universitari italiani, accademici e ricercatori. Sposato, con un figlio, professore ordinario di cardiologia, direttore della cardiologia dell’Università Magna Graecia, esperienze internazionali negli Stati Uniti nella divisione di Cardiologia della University of California, San Diego (Ucsd), La Jolla, e presso il National Institute of Health (Nih) di Bethesda nel Maryland. È questa una piccola parte del curriculum del professore, eletto al termine del 79° congresso nazionale della Società italiana di cardiologia che si è appena concluso a Roma e che traghetterà la Sic verso l’ottantesimo compleanno. Sono soprattutto i 1.600 giovani cardiologi al centro dell’attenzione del nuovo presidente. Medici che rendono la “vecchia” Sic una società “giovane” che viene da lontano ma che guarda soprattutto al futuro con grande ottimismo. «È un dovere oltre che una necessità valorizzare, unire e potenziare queste forze giovani, che nel campo della cardiologia possiede solo la Sic», spiega il prof. Indolfi. Tre i punti chiave della presidenza, biennale: puntare sul benessere dell’individuo prima che sulla cura delle malattie, valorizzare la ricerca e fermare l’emorragia dei laureati e ricercatori italiani verso l’estero, promuovere campagne educazionali per la popolazione, ferme da troppo tempo. Ma non solo. La necessità, da parte della Sic, di coinvolgere il Ministero dell’Università e delle Ricerca e quello della Salute per creare i presupposti perché gli investimenti utilizzati per formare i giovani professionisti non vadano dispersi e finiscano in strutture all’estero. «Formiamo i migliori giovani cardiologi d’Europa – dichiara Ciro Indolfi – ma, per la mancanza di opportunità lavorative e anche a causa dei piani di rientro di molte Regioni con il relativo blocco delle assunzioni, li lasciamo fuggire all’estero. Questo fenomeno ha creato conseguenze che ora iniziano ad essere davvero molto pesanti. È necessario creare le condizioni per il rientro dei nostri ricercatori, per garantire alla nostra Cardiologia quel ruolo che la rende, da sempre, una delle migliori del mondo. Una di queste – precisa Indolfi – è la creazione di una partnership con l’Unione Europea e con la Società Europea di Cardiologia. Per questo progetto abbiamo bisogno della collaborazione dei due ministeri chiave coinvolti in questo processo: quello dell’Università e della Ricerca e quello della Salute. Noi facciamo un appello a queste Istituzioni per creare i presupposti affinché gli investimenti utilizzati per formare questi professionisti che sono tra i migliori al mondo non vadano dispersi e finiscano in strutture all’estero». Un altro punto chiave riguarda la popolazione. «Lanceremo – spiega Indolfi – una grande campagna di sensibilizzazione all’opinione pubblica perché sia in grado, da sola, di riconoscere i campanelli d’allarme dell’infarto e le regole da seguire. La maggioranza delle persone con un infarto in corso non è in grado di capirlo immediatamente, quando invece il tempo è il fattore chiave per evitare conseguenze drammatiche. Sarà una grande campagna che coinvolgerà tutti i media».