«Al momento aiuto la popolazione locale, ma per il prossimo futuro mi auguro di poter dare il mio contributo al fronte».
Agli occhi di un occidentale, quando nel mezzo ci sono centinaia di chilometri di distanza, non è facile capire cosa può aver spinto un giovane a cambiare completamente vita recandosi in Siria con il solo intento di sostenere da «rivoluzionario», la causa del popolo curdo contro Daesh (l’acronimo di Stato islamico ma con un’accezione dispregiativa).
Questa è la storia di Emanuele Marangolo, 23 anni il 27 marzo, originiario di Rocca di Neto, piccolo centro della provincia di Crotone, - raccontata dalla Gazzetta del Sud oggi in edicola - che quattro mesi fa ha deciso di interrompere gli studi in Storia e filosofia all’Università della Calabria a Cosenza per arruolarsi nelle Unità di protezione popolare (Ypg): le milizie curde, che costituiscono la colonna portante delle Forze democratiche siriane, dal 2014 combattono nel nordest del Paese mediorientale, i terroristi dell’Isis col sostegno degli Stati Uniti.
E in una cittadina del Settentrione siriano, in quel fazzoletto di terra al confine fra tre Stati, dove la Storia ha mescolato popoli e religioni, si trova Emanuele Marangolo. Nelle retrovie del fronte che vede i combattenti curdi opporsi a quel che ancora rimane dei guerriglieri jihadisti di Al Baghdadi, asserragliati in pochi chilometri quadrati.
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