Evento identitario per eccellenza, capace di raccogliere l’intera collettività, si è svolto anche quest’anno a Limpidi di Acquaro il “Cumbitu” (conviviale) di San Giuseppe, pranzo comunitario che, organizzato da alcune famiglie come atto votivo, coinvolge l’intero paese, chiamato a partecipare al banchetto a base di pasta e ceci, stocco e verdura, con cui si preparano le pietanze (“a devuziuani”) portate anche casa per casa da infermi ed anziani.
Una ventina le persone che quest’anno hanno organizzato l’iniziativa, le quali hanno acquistato le pietanze (100 chili di rape, 40 di stocco, 50 di farina per le zeppole, 15 chili di ceci, 20 chili di pasta e 60 bottiglie di salsa per il sugo) e preparato i piatti. Si tratta di una tradizione secolare che richiama gente anche dai paesi limitrofi (ed emigrati che vi ritornano apposta) e che un tempo veniva perpetrata dalle famiglie meno abbienti, che si privavano del cibo per offrirlo a chi stava peggio ed ai mendicanti, in un’epoca di fame e povertà.
Solidarismo che persiste anche oggi, rivolgendosi il convito ad anziani ed ammalati impossibilitati di parteciparvi personalmente. Un «evento raro e prezioso», come ama definirlo il parroco della comunità don Rocco Suppa, che ha il suo risvolto religioso nella scelta di tre componenti ogni anno diversi che impersoneranno la sacra famiglia, cui spetta il compito, dopo la benedizione sacerdotale, di assaggiare prima di tutti gli altri i tredici piatti del banchetto.
In questo modo, per la festa di San Giuseppe, la piccola comunità limpidese supera le inimicizie e si raccoglie tutta insieme attorno al suo “totem” identitario, retaggio di un passato in cui la parola individualismo era inesistente e ci si sosteneva tutti aiutandosi vicendevolmente.
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