L'Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone, nonché presidente della Cec (Conferenza episcopale Calabra) ha inviato una lettera in occasione del mese della pace.
Persistenza di conflitti e guerre
«Ogni primo dell’anno - ha esordito Bertolone - ci viene ricordata la pace. Si rischia l’abitudine, soprattutto in questo periodo di tempo “fermo”, a cui ci sta costringendo la pandemia globale con le sue esigenze di poco movimento, scarso assembramento, tendenziale sanitarizzazione delle relazioni (evitare il contagio, premunirsi con la vaccinazione, farsi visitare a distanza…). Intanto, mentre l’Occidente, relativamente chiuso in casa, ha dovuto assistere all’assalto armato al tempio della democrazia USA, non si fermano i finanziamenti per gli armamenti, in vista dei rischi di nuove guerre. I pacifisti ci ricordano, tra l’altro, che un solo aereo F-35 costa la bellezza di 130 milioni di euro (l’ultima riduzione degli acquisti in Italia risale al Governo Monti nel 2012): quante rianimazioni, quanto altro personale sanitario si potrebbero avere con il costo di uno solo di questi aerei, senza aspettare il finanziamento straordinario europeo per tamponare le voragini del nostro sistema sanitario? Oltre a diventare più acuta, nella stagione del coronavirus la carenza alimentare in diverse zone del mondo (per esempio in sud Sudan), provoca violenze, mercato nero, morti... La lista dei conflitti armati nel mondo, nonostante la pandemia, non accenna a diminuire nei continenti: decine di migliaia di morti ad Aceh, provincia autonoma dell'Indonesia (estremità settentrionale dell'isola di Sumatra); in Afghanistan solo nel 2019-20 le vittime sono state più di 34mila; in Yemen solamente uno dei due conflitti in atto (quello tra i terroristi di al-Qaeda e il governo yemenita) ha falcidiato oltre ventimila vittime… Per non dire delle tante altre zone calde, dall’Algeria al Burundi e al Congo R.D. e Costa d’Avorio; dalle Filippine all’Iraq, alla Libia e a Israele-Palestina…Questo è un percorso di educazione della mente e del cuore all’universalità».
Egli è la nostra pace
«Di fronte alle tante guerre in corso, a tante vittime che si addizionano a quelle provocate da covid-19, il pensiero di noi cristiani non può che correre a Cristo nostra pace: «Egli infatti è la nostra pace,/ colui che di due ha fatto una cosa sola,/ abbattendo il muro di separazione che li divideva,/ cioè l'inimicizia, per mezzo della sua carne» (Ef 2,14), Ma insieme, non possiamo non pensare alle tante violenze persistenti, alcune anche religiose, come quelle recensite nell’Antico Testamento, oppure ai conflitti, litigi e dispute che costellano la vita non sempre idilliaca delle prime comunità dei discepoli (tra l’altro, se ne vede qualche traccia in Gv 6,52; At 23,7.9-10), nonché alla violenza delle comunità cristiane tardo-antiche in certe zone geografiche a prevalenza cristiana (si pensi alla persecuzione ai danni dei donatisti tra quarto e quinto secolo in Africa settentrionale). Ieri come oggi, insomma, ci si domanda come far emergere il giusto anelito per la pace quale attuazione del genuino insegnamento del Maestro di Nazaret - di cui oggi vengono riconosciuti sempre più dagli esegeti i rilevanti messaggi di pace e di riconciliazione (Ef 2,14-17); oppure come mettere in pratica l’istanza etico-religiosa di pacificazione e riconciliazione in linea con la beatitudine relativa agli «operatori di pace» (Mt 5,9). Alle lotte, alle violenze, alle guerre e ai conflitti, bisogna opporre un’etica della prossimità, della vicinanza e della cura».
Una grammatica della cura
«Come ricordiamo, il Messaggio del Papa per LIV Giornata della pace ha opportunamente collegato la grande crisi sanitaria del Covid-19 con la persistenza, anzi con un nuovo slancio delle diverse forme di nazionalismo, razzismo, xenofobia, mentre mai sopite guerre e conflitti vanno seminando morte e distruzione, oltre che danni irreparabili all’ecosistema. La via d’uscita alternativa, indicata da papa Francesco è chiara ed evidente: «Prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza» (Messaggio per il 2021, n. 1). La fondazione biblica della cura ci viene ricordata dal Papa, che punta particolarmente sulla cura divina per la creazione e sulla compassione che Gesù mostra per i bisognosi di cura, quali sono gli ammalati. Tuttavia, la vera e propria grammatica della cura viene proposta da papa Francesco attingendo alla dottrina sociale della Chiesa. Ecco la “grammatica” della cura: «la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato» (Messaggio 2021, n. 6). Il fondamento antropologico della dottrina sociale non può che attingere alla nozione di persona, che è il vero e proprio dono che il cristianesimo storico ha fatto all’intera umanità, nel momento in cui ha dovuto pensare in termini personali la vita intratrinitaria e fondare su una sola Persona le due nature di Gesù Cristo. Dalla luce di Cristo – lumen Christi, Deo gratias!, come si canta nella Veglia pasquale mostrando il Cero pasquale, appena acceso col nuovo fuoco -, bisogna lasciarsi illuminare e orientare, per accelerare la corsa cristiana pacifica nella vita nostra, delle altre persone, della famiglia, della città, della società, delle Istituzioni…, consapevoli che il Cristo consente di pensare, in termini davvero nuovi, non soltanto in astratto la persona umana, ma, in concreto, ovvero l’uguaglianza tra le persone umane, con particolare attenzione a quelle situazioni in cui, più che altrove, si consumano ancora dei gesti disumanizzanti o di mancato rispetto della dignità (si pensi, in particolare, alla condizione della donna nella società e nella Chiesa, che il recente riconoscimento di accesso al lettorato e accolitato costituisce un gran bel segno). Siffatto stile dinamico, e quasi agonistico dei credenti in Gesù, ci permette di riscoprire la carica cristiana esistente nel dovere civico di rispettare i diritti umani fondamentali di ogni persona; ci consente, soprattutto, di porci nella condizione di co-edificare, con tutte le persone di buona volontà, una società nuova, poggiata su una convivenza pacifica, anche in rapporto al progresso scientifico-tecnologico e alle domande che esso sollecita in tanti ambiti della vita individuale, familiare e associata e, come ci ricorda il Messaggio del 2021, in rapporto alla cura dell’ecosistema. Sapremo assecondare questo nostro e altrui desiderio di sperimentare ancora la luce di Cristo pur in mezzo a tanto buio e a tanti conflitti?»
Qualche suggerimento operativo
«Quest’anno, a causa delle misure di restrizioni non possiamo svolgere in Diocesi la consueta testimonianza della “Marcia della Pace” organizzata dall’Ufficio Diocesano “Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato” che negli anni ha sempre coinvolto associazioni, parrocchie, istituzioni. Occorre tenere vivo, nelle comunità, questo anelito di responsabilità! Dobbiamo con fantasia ingegnarci nel dare alle nostre comunità parrocchiali, coinvolgendo tutte le forze vive e le Istituzioni. Invito i sacerdoti, a distribuire in queste domeniche ai fedeli, uno stralcio del Massaggio di Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale della Pace 2021 e a farne cenno nelle Omelie. Anche qualche gesto concreto non guasta. Nei Consigli pastorali parrocchiali invito a discutere come insistere, nel corso di tutto l’anno, su alcuni spunti operativi che ci sono stati suggeriti dal Messaggio per la giornata della pace 2021. In primo luogo, insisteremo su iniziative educative, dal momento che l’educazione alla cura nasce nella famiglia, e poi prosegue e si consolida nella scuola e nei gruppi parrocchiali (anche con il supporto dei social e dei nuovi media). In secondo luogo, cultura della cura significherà per noi far riscoprire la dignità della persona umana, sia uomo che donna: se teniamo lo sguardo rivolto alla Vergine Maria, scopriremo le modalità per valorizzare sempre meglio la persona umana e, in particolare, la donna nella comunità religiosa e civile. Infine, insisteremo sulla problematica ambientale: l’interconnessione di tutta la realtà creata pone in risalto l’esigenza di ascoltare nello stesso tempo il grido dei bisognosi e quello del creato: come promuovere un’efficace cura della terra, nostra casa comune, e dei poveri? Come coltivare anche in senso ecologico gli atteggiamenti di tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani? Mi piace citare Franco Battiato amatissimo cantautore, compositore e regista siciliano che dedica una sua celebre canzone, “La cura” all’amore universale invitandoci a pensare in grande. “Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore Dalle ossessioni delle tue manie Supererò le correnti gravitazionali Lo spazio e la luce per non farti invecchiare. E guarirai da tutte le malattie Perché sei un essere speciale Ed io, avrò cura di te”»
Con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio...
«Concludo proponendovi per la lettura e meditazione (anche nelle Associazioni e nelle Aggregazioni) una famosa lirica, ricca di riferimenti biblici, non senza una punta di critica alla ricerca scientifica quando è finalizzata alla morte e non alla vita. È di Salvatore Quasimodo e s’intitola Uomo del mio tempo: «Sei ancora quello della pietra e della fionda,/ uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,/ con le ali maligne, le meridiane di morte,/ -t’ho visto- dentro il carro di fuoco, alle forche,/ alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,/ con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,/ senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,/ come sempre, come uccisero i padri, come uccisero,/ gli animali che ti videro per la prima volta./ E questo sangue odora come nel giorno/ quando il fratello disse all’altro fratello:/ “Andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace,/ è giunta fino a te, dentro la tua giornata./ Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue/ salite dalla terra, dimenticate i padri:/ le loro tombe affondano nella cenere,/ gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore».