Trippa, cuore, polmone, milza, esofago, intestino crasso. E poi una parte di grasso vaccino, origano, due foglie di alloro, l’immancabile “Sua Maestà” il peperoncino piccante, concentrato di pomodoro, sale quanto basta. Ecco gli ingredienti per “U Morzeddhu Catanzarisa” che, dopo un’attenta e paziente preparazione con un sugo che deve “pippiare” per circa tre ore, può essere gustato solo se, servito caldissimo nella fatidica pitta catanzarese. Ma c’è anche chi, su questa pietanza, sta lasciando un segno indelebile, difendendo con una forma seria e istituzionale, la tradizione locale di un piatto storicamente povero e popolare. Era il 28 dicembre di tanti anni fa quando, 4 compagni di liceo, di età compresa tra i 17 ed i 18 anni, non sapendo cosa fare durante le vacanze natalizie, ebbero l’idea di andare a mangiare il morzello in una delle “putiche” tipiche della città. I ragazzi di allora erano Stefano Alcaro, Luca Scalise, Francesco Bianco e Nicola Coppolecchia, oggi tutti conosciuti e apprezzati professionisti. Ma, la cosa fantastica è che da quel giorno per quei ragazzi, il rito di mangiare il morzello ogni 28 di dicembre non è mai più svanito. Una consuetudine che, anno dopo anno, ha aggregato tanti altri adepti che celebrano il piatto tipico catanzarese costruendo intorno un riconoscimento di alto spessore gastronomico e valoriale. Ed è così che nel 1984 è nata l’associazione Antica Congrega Tre Colli la cui guida è affidata ad un consiglio direttivo composto dal presidente Francesco Bianco eletto a gennaio 2021, dal vice Albero Carpino, dal segretario e tesoriere Corrado Corradini e dai consiglieri Stefano Alcaro e Gennaro Brescia. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro