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Scavi archeologici al castello di Arena, il direttore: “Lavoro ancora lungo che avrà rilevanti risultati”

Carlo Citter è associato di archeologia all’università di Siena

Condotti da alcuni ragazzi, liberi professionisti laureati alle università di Siena e di Roma (“La Sapienza”), e coadiuvati dai volontari dalla Promoarena e dal comune, guidato dal sindaco, Nino Schinella, proseguono ad Arena gli scavi archeologici al castello normanno. A spiegarne a un nutrito pubblico l’andamento il direttore degli stessi, il professore associato di archeologia all’università della cittadina toscana Carlo Citter. Una grossa e ancora lunga attività, difficile da interpretare, che si divide tra un variegato passato e un futuro prospero.

«La struttura - ha spiegato Citter - è stata compromessa da varie ristrutturazioni, che, per fortuna, non hanno intaccato le varie deposizioni, di cui si è conservato tanto, da interpretare anche grazie a comparazioni con costruzioni simili. La datazione è tra l'undicesimo e il dodicesimo secolo - ha proseguito lo studioso - ma ( soprattutto in epoca post normanna, quando non c’erano più esigenze militari) non è un vero e proprio castello, bensì una residenza fortificata, per ostentare il potere dei vari notabili succedutisi».

Il passato è fatto da diverse sedimentazioni, almeno 4/5, ha spiegato dettagliatamente: «La prima pre normanna; la seconda normanna; la terza angioina; la quarta aragonese; la quinta borbonica. Per cercare di capire le varie evoluzioni si parte dalle ultime ristrutturazioni e si cerca di arrivare alle più antiche, con un coinvolgimento dell’università di New Castle, per stabilire una datazione con un margine di errore di 30 anni».

Fatto un riferimento alle antichissime prese d’acqua (le “prise”) per cui sarà richiesto il riconoscimento di patrimonio “Unesco”, e di alcuni suggestivi ponti e mulini, il professore Citton ha risposto alla domanda: «appurato che questo luogo è stato appetibile in epoche diverse come lo si può rendere altrettanto tale per il futuro»? «Saranno ingabbiati e conservati gli ulivi piantati negli anni ’80 - ha concluso l’archeologo - e, attraverso un gigantesco e lungo lavoro di interpretazione, si procederà a creare percorsi che, attraverso la realtà virtuale, e il superamento delle barriere architettoniche, sensoriali e cognitive, rendendo nuovamente identitario e vivibile in tutto il suo splendore il castello. Non ce ne andremo tanto presto - ha chiosato - perché il lavoro merita e non amiamo lasciare le cose a metà». Insomma: L’area tornerà “normanna” e, “si spera” con gli stessi fasti. Anche per il circondario che di quella realtà faceva parte.

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