L’Arcivescovo Claudio Maniago, nella sua intensa omelia per la Solennità del Corpus Domini, ha offerto una profonda meditazione sull’Eucaristia come cuore pulsante della fede cristiana, definendola attraverso le parole di San Tommaso d’Aquino come “la più grande delle meraviglie” e “il mirabile documento dell’amore immenso di Dio per l’uomo”.
Nell’Eucaristia – ha spiegato il presule – “il Signore risorto e vivo è realmente presente, con i segni della sua passione”, rendendosi contemporaneamente sacrificio, presenza e comunione.
Tre gesti per vivere la fede eucaristica
La riflessione si è sviluppata attorno ai tre momenti fondamentali che strutturano la liturgia del Corpus Domini, ognuno dei quali contiene una chiamata precisa alla fede, alla comunione e alla missione.
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1. Radunarsi alla presenza del Signore
Il primo gesto è quello del radunarsi attorno all’altare: “Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia – ha detto – non siamo semplicemente presenti a un rito, ma entriamo nella comunione viva e concreta con il Cristo morto e risorto”.
Mons. Maniago ha immaginato simbolicamente che in tutta la Diocesi vi fosse un solo altare, attorno al quale ogni fedele è chiamato a radunarsi. È attorno al Calice benedetto e al Pane spezzato che la Chiesa diventa un solo corpo, superando ogni divisione sociale, culturale o ideologica: “L’Eucaristia non è una scelta personale o selettiva, ma un dono che ci unisce al di là delle differenze”.
Un chiaro richiamo anche al senso pubblico della fede cristiana: “L’Eucaristia – ha affermato – è culto pubblico, non privato; non esoterico, ma universale. Non scegliamo con chi stare: è Cristo che ci raduna”.
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2. Camminare con il Signore
Il secondo gesto è camminare con il Signore, simboleggiato dalla processione eucaristica che segue la celebrazione. “Cristo – ha detto l’Arcivescovo – con il dono di sé, ci libera dalle nostre paralisi interiori, ci rimette in piedi, ci dà la forza di riprendere il cammino”.
L’Eucaristia, ha proseguito, è il sacramento del Dio che cammina con l’uomo, che lo sostiene e lo guida nella ricerca di senso e verità: “Non basta andare avanti, serve sapere dove andare. Non basta il progresso, se manca la direzione”.
In questo contesto giubilare, il cammino eucaristico diventa pellegrinaggio interiore e comunitario, un invito a non rimanere fermi nella fede, ma a lasciarsi continuamente rigenerare e orientare da Cristo.
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3. Inginocchiarsi in adorazione
Infine, l’Arcivescovo ha parlato della adorazione eucaristica come momento culminante della fede. Inginocchiarsi di fronte al Santissimo Sacramento – ha affermato – è “un atto di libertà e di verità”.
Solo davanti a Dio ci si inginocchia, perché solo Lui è la sorgente della vita, e solo in Lui l’uomo trova la sua dignità piena: “Chi adora l’Eucaristia, si nutre di amore, di pace, di verità. Si nutre di speranza”.
Con parole forti, Mons. Maniago ha anche denunciato le idolatrie moderne, invitando a riscoprire l’adorazione come rimedio autentico: “Chi si inginocchia davanti all’Eucaristia, non può prostrarsi davanti a nessun potere terreno”.
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Un messaggio per la Città, la Diocesi e il mondo
L’omelia si è conclusa con un accorato invito a vivere l’Eucaristia come fonte di speranza contagiosa, soprattutto in questo tempo giubilare segnato dalla fatica e dalla crisi.
“Lasciamoci attrarre dall’Eucaristia – ha detto – unica Speranza che non delude. E preghiamo per ogni persona che vive in questa città e nella nostra Diocesi, perché possa conoscere la tenerezza del Padre e la vicinanza di Cristo”.
Non è mancato un pensiero alle vittime delle guerre, alla necessità della pace, e alla vocazione dei cristiani ad essere pellegrini di speranza, radunati, in cammino e adoranti.
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