Un’economia sommersa, reale solo per le tasche di imprenditori senza scrupoli. Decine di società “apri e chiudi” che avevano un unico scopo: creare fatture o meglio “carte”. Questo accadeva a Catanzaro, ora svelato dall’inchiesta Basso Profilo. Gli inquirenti hanno strappato il velo su aziende prive di sostanza economica, magazzini affittati ma sprovvisti di merce, mezzi di trasporto spostati solo per simulare operazioni di scarico/carico, e ancora migliaia di documenti fiscali ed amministrativi falsi emessi ed annotati nelle scritture contabili. In questa ricostruzione un ruolo centrale lo avrebbero avuto le cosidette “teste di legno” soggetti italiani nullatenenti o cittadini albanese, artatamente individuati dai capi dell’organizzazione. Proprio nei passaggi societari verso alcuni prestanome entra in scena il notaio Rocco Guglielmo, da ieri sottoposto al divieto dimora in città e all’interdizione per un anno dall’esercizio della professione. Personaggio tra i più in vista nel capoluogo calabrese, collezionista d’arte tra i più noti d’Italia. Ha presieduto per anni l’Accademia di Belle Arti e attualmente è direttore artistico del Museo d’arte contemporanea, Marca, di proprietà della Provincia di Catanzaro. Proprio nel suo studio in uno dei palazzi storici che affacciano su Corso Mazzini in appena due giorni undici società sarebbero passate nelle mani di cittadini albanesi appena sbarcati a Bari da Durazzo e subito portati a Catanzaro. In questo modo il notaio, secondo gli inquirenti, si sarebbe messo a dispozione di «una operazione, sviluppata in più atti, foriera di un colossale riciclaggio» Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro