L’ultimo attacco sferrato da un branco di lupi nelle campagne di Cirò, la notte scorsa, ha lasciato a terra venti pecore. Una strage di poveri animali che continua ormai da mesi nel Cirotano; e che non fa che aggravare lo sconforto e la crisi degli agricoltori che si trovano a combattere già una battaglia, persa in partenza, con le scorrerie dei cinghiali e le difficoltà prodotte dalla pandemia. I venti animali persi in una notte, secondo le nuove disposizioni che disconoscono gli indennizzi fuori dal perimetro dei parchi nazionali, rischiano di non essere risarciti. Da qui, la protesta degli allevatori che ricordano che la discesa dei lupi dalla Sila verso le zone costiere, è diventata una emergenza che impone perlomeno il riconoscimento di interventi di ristoro, "per quanto gli indennizzi riconosciuti – evidenzia uno di loro Michele Colucci – non coprono il valore economico della le perdite subite". Qualche giorno prima di scoprire le venti pecore sgozzate all’interno del recinto del suo podere in località Le Cappella, Colucci aveva già segnalato l’uccisione di un vitello nelle campagne del Silipetto, a Crucoli ai carabinieri forestali di Cirò, guidati dal maresciallo Donato Mingrone, che ha eseguito un sopralluogo insieme al veterinario dell’Aia, Lorenzo Cortese. Nel frattempo, un’altra segnalazione di un assalto dei lupi, in località Frandina, è arrivata da un altro allevatore di Cirò. Insieme, alla richiesta di attivare i rimborsi, dal mondo degli allevatori viene evidenziata l’urgenza di interventi per contenere la presenza degli animali selvatici, in particolare dei lupi e dei cinghiali; in quanto, si ricorda, "il fenomeno ha assunto il livello di pericolo per l’incolumità pubblica".