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L'ultimo commosso saluto di Dasà all'ingegnere Antonino Tripodi

È stata intensa e profonda, questo pomeriggio a Dasà, la commozione al funerale dell’ingegnere Antonio Tripodi, figura eminente per la diocesi di Mileto e la parrocchia sia dal punto di vista culturale, con i suoi studi storici, che da quello religioso, con il ministero diaconale permanente svolto per quasi un trentennio. Presenti tanti parroci e diaconi del circondario, a ricordarne la figura è stato principalmente monsignor Filippo Ramondino, vicario generale che ha fatto le veci del Vescovo, assente per altri impegni, che lo ha accostato all’eucarestia, di cui oggi si festeggia la ricorrenza.

«Antonio Tripodi – ha detto monsignor Ramondino, che lo conosce bene per la trentennale collaborazione all’archivio storico di Mileto e nella diocesi in genere – dal 93, quando felicissimo divenne diacono permanente, è stato un umile servitore del mistero eucaristico, che è mistero d’amore. Ci mancherà per la sua competenza, la sua cultura, la sua simpatia, la sua umiltà, la sua dedizione. La sua è stata una diaconia della cultura, che lo ha portato a scavare negli archivi di tutta la Calabria e ad arrivare a scoperte che abbracciano la storia locale e quella diocesana nelle varie sfaccettature». Ramondino ha approfondito, poi, alcuni aspetti della vita pubblica e familiare di Tripodi, ricordando la perdita del padre in seguito ad un episodio accidentale quando era bambino e, poi, di quando, subito dopo la laurea in ingegneria a Cagliari, avrebbe voluto indossare l’abito francescano, come uno zio materno, ma non lo ha fatto perché al ritorno al paese ha incontrato quella che, allora ancora bambina, sarebbe diventata la moglie per tutta la vita.

Aneddoti ricordati brevemente anche dal parroco, don Bernardino Comerci, che ha voluto rivolgere al diacono Tripodi un «grazie immenso a nome della comunità nelle sue varie dimensioni e mio per avermi accolto qui paternamente, dandomi consigli con delicatezza e con fermezza, ma sempre in maniera distante e non invadente». Don Bernardino ha quindi ricordato la grande capacità di perdono senza serbare rancore, cosa che era riuscito a fare anche per la morte del padre. «Non riesco ad essere triste – ha concluso -, perché con il suo modo di fare mi ha donato tanta serenità e perché ora lo immagino risvegliato nella Gerusalemme del cielo». Altri ricordi hanno riguardato il suo pionierismo nel diaconato permanete e l’importanza del suo esempio per chi si è avvicinato successivamente a questo ministero. In chiusura commuovente è stato l’intervento della moglie, Caterina, Catì, Cosentini, che ha voluto ringraziare di cuore quanti, soprattutto nell’ultimo periodo, sono stati i suoi angeli custodi, aiutandola nella cura del marito, facendogli compagnia, sostenendolo ad alzarsi e a fare le operazioni di cura quotidiana. Insomma, l’ingegnere, il sindaco, il diacono, lo storico, archivista e scrittore, il professore, il vice direttore dell’archivio storico diocesano di Mileto, il direttore della biblioteca calabrese di Soriano, il deputato di storia patria della Calabria, l’ispettore onorario ai beni archivistici e componente del coordinamento delle confraternite diocesane Antonio Tripodi è stato un personaggio che ha lasciato il segno in tutte le cose in cui si è impegnato. «Una persona – ha detto don Filippo nel finale – di cui non dobbiamo chiedere al signore perché se lo è preso ma ringraziarlo perché ce lo ha donato».

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