Lo sguardo rivolto verso il mare e l’alba di Soverato da sfondo a una delle foto postate sui social da chi lo ha voluto, per l’ultima volta, salutare. In una città come Torino credeva di poter affermare in modo più libero la sua identità, lontano da qualunquismi e stereotipi. Questo però non è bastato a Orlando Merenda per restare lontano da discriminazioni e persecuzioni. “Orlando era depresso e non oppresso”. La mamma Anna Screnci lo ripete come un mantra. Da quando la Procura ha aperto un fascicolo per verificare se fosse stato vittima di bullismo e omofobia ha un compito: trovare i colpevoli. Perché Orlando è morto sì suicida sotto un treno tra la stazione di Torino Lingotto e quella di Moncalieri «ma non avrebbe mai compiuto questa scelta – dichiara fermamente – se non fosse stata indotto da qualcuno».
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