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'Ndrangheta, cancellati gli ergastoli ai fratelli Pasquale e Nicola Bonavota

Due ergastoli cancellati in Appello e condanne rideterminate.  A essere assolti "per non aver commesso il fatto" i fratelli Pasquale e Nicola Bonavota, rispettivamente di  46 e 44 anni, ritenuti elementi di primo piano dell'omonima cosca di Sant'Onofrio,  coinvolti  nell'operazione "Conquista" e in primo grado, al termine del processo con rito abbreviato,  condannati al carcere a vita.  Entrambi attualmente sono  imputati nel maxi-processo Scott Rinascita con l'accusa di associazione mafiosa: Pasquale Bonavota  da latitante, essendo sfuggito al maxi-blitz del dicembre del 2019, mentre il fratello Nicola si trova in carcere in attesa di giudizio.
Al contempo la Corte d'Appello di Catanzaro (presidente Francesca Garofalo, consigliere Domenico Commodaro)  ha confermato la  sentenza di primo grado (ergastolo) nei confronti di  Domenico Bonavota,  41 anni, fratello di Pasquale e Nicola, considerato il capo dell’ala militare del clan. Rideterminata invece la pena (30 anni di reclusione)  per Onofrio Barbieri, 40 anni, anch'egli di Sant'Onofrio che in primo grado aveva rimediato l'ergastolo.  Trent'anni di carcere anche per Francesco Salvatore Fortuna, di 40 anni. La Corte ha poi ridotto a quattro mesi la condanna per il collaboratore di giustizia Francesco Michienzi (due anni e 4 mesi in primo grado). Confermata la pena a quattro anni di reclusione, infine, per Vincenzino Fruci di Curinga, Giuseppe Lopreiato e Domenico Febbraro di Sant’Onofrio.

Varia la sfilza di reati contestati agli  imputati, coinvolti nella duplice inchiesta Conquista (1 e 2)   sferrata nel dicembre del 2016 e a giugno del 2017, contro il clan Bonavota.  Dall’associazione mafiosa, all’omicidio, alla ricettazione; dall’estorsione, al danneggiamento e detenzione di armi.

Al centro della duplice inchiesta – oltre alle intimidazioni a colpi d’arma da fuoco (nel 2004 e nel 2016), ad aziende del Gruppo Callipo – due fatti di sangue. L’agguato a Raffaele Cracolici (alias Lele Palermo), capobastone di Maierato trucidato a raffiche di kalashnikov e colpi di fucile il 4 maggio del 2004 in località “Speziale” di Pizzo e quello teso a Domenico Di Leo (detto Micu i’ Catalanu) anch’egli massacrato di colpi il 12 luglio del 2004 a Sant’Onofrio.
Per l’omicidio di Lele Palermo alcuni indagati all’epoca sono finiti sotto processo mentre altri al processo non sono proprio arrivati. Gli uni e gli altri uscendone senza colpo ferire: Vincenzino Fruci, Domenico Bonavota (assolto con sentenza passata in giudicato), Francesco Scrugli (deceduto) e Andrea Mantella (questi ultimi due addirittura prosciolti). A riaprire il capitolo erano state proprio le dichiarazioni di Mantella (ex boss emergente di Vibo che ha poi deciso di collaborare con la Dda) dopo che quelle di Francesco Michienzi, nell’ambito dell’operazione Uova del drago, non erano state ritenute credibili.

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