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Anniversario omicidio Aversa a Lamezia, l’associazione Antiracket intitola sala a Lucia Precenzano FOTO

L’insegnante lametina, moglie del sovrintendente di Polizia Salvatore Aversa, finita nel mirino dei clan e uccisa in un agguato insieme al marito

Un percorso di conoscenza e condivisione delle storie delle vittime innocenti di ‘ndrangheta rimaste senza giustizia, con lo scopo di rinnovare e costruire una memoria storica locale condivisa in difesa delle istituzioni democratiche. È questo l’obiettivo che si è posto l’Associazione Antiracket Lamezia, insieme con la Fondazione Trame e il sostegno di A.G.E.S.C.I Zona del Reventino e di altre associazioni, con la proposta dell’istituzione di una “Giornata della Memoria Lametina delle Vittime di ‘ndrangheta”. La data del 4 gennaio è una tappa importante in questo cammino di riappropriazione della verità storica, che ALA Onlus onora oggi intitolando la sala principale di Civico Trame, centro culturale polivalente, alla donna, educatrice, madre e moglie, vittima innocente del duplice omicidio che sconvolse la città di Lamezia Terme nel 1992. La targa a Lucia Precenzano, docente stimata, in via degli Oleandri, contribuirà a mantenere sempre vivo il suo ricordo in un presidio di cittadinanza eclettico che propone ai giovani e ai volontari che lo frequentano percorsi educativi e culturali fondati sui principi della legalità e della partecipazione civica. La sua figura negli anni è spesso rimasta nell’ombra, talvolta oscurata da quella intransigente e carismatica del marito, memoria storica locale del Comando di Polizia, e dai risvolti della vicenda.

Lucia si era macchiata unicamente della colpa di aver voluto stare accanto ad un uomo col quale condivideva valori e ideali. I suoi sogni, la sua vita ingiustamente spezzata, il suo coraggio di donna, oggi sono un pungolo per l’impegno contro la ‘ndrangheta. L’omicidio Aversa - Precenzano resta tra le pagine più buie della storia calabrese. Consumato negli anni in cui il comune di Lamezia Terme era stato sciolto per la prima volta per infiltrazioni mafiose e le cosche avevano iniziato a investire nel campo dei rifiuti. Il sovrintendente di Polizia aveva iniziato a occuparsi delle misure di prevenzione da adottare nei confronti dei boss locali. Pare avesse già pronto un dossier da inviare alla procura. Nel tardo pomeriggio di quel 4 gennaio, nella centralissima via dei Campioni, i coniugi furono raggiunti da diciassette colpi sparati da una calibro 9. Fu un omicidio tanto cruciale da richiedere un importante depistaggio e un’accurata pianificazione. Le indagini si indirizzarono subito verso gli ambienti della malavita locale, ma la vicenda giudiziaria successiva fu lunga e tortuosa, fatta di inquietanti silenzi e false testimonianze.

Solo nel 2004 i colpevoli saranno incriminati, ma tanti aspetti rimarranno nell’ombra. Il trentesimo anniversario della loro morte è un monito per ricordare che le mafie, pur essendosi evolute, uccidono ancora e in molti modi. Perché la storia del nostro territorio è anche quella dei condizionamenti mafiosi e la memoria condivisa è un valore civile essenziale per fronteggiarli. La proposta dell’istituzionalizzazione della “Giornata della Memoria lametina delle vittime di ‘ndrangheta” del 24 maggio, per la quale l’iter istruttorio è già stato avviato, è emblematica perché ricorre nell’anniversario dell’altra strage mafiosa, quella del 1991 nell’ex comune di Sambiase, in cui persero la vita i due giovani netturbini dipendenti comunali Francesco Tramonte e Pasquale Cristiano. I due attentati terroristico-mafiosi, del ’91 e del ’92, sono strettamente connessi tra di loro: al primo seguì lo scioglimento per infiltrazione mafiosa del Consiglio Comunale di Lamezia Terme, a pochi mesi dal rinnovo elettivo dell’amministrazione, aprendo il biennio nero dell’attacco della ‘ndrangheta alla città che vedrà poi, il 4 gennaio 1992, l’altro gravissimo agguato. Oggi, a trent’anni di distanza dai fatti, il valore istituzionale e sociale della lotta alle mafie non può che tradursi in un impegno quotidiano di resistenza e contrasto, espressione della volontà collettiva di non dimenticare e non rassegnarsi ulteriormente all’assedio costante e silenzioso della criminalità organizzata sul territorio.

Le parole del figlio

«E' un peccato che sull'omicidio di un uomo di punta della Polizia, come viene sempre ricordato dai vertici dello Stato, e di mia madre, si sia innescata una vicenda giudiziaria così contorta e difficile». Lo ha detto all’ANSA Walter Aversa, uno dei tre figli dell’ispettore della Polizia di Stato Salvatore Aversa, e della moglie, Lucia Precenzano, di cui ricorre oggi il trentennale dell’assassinio, avvenuto a Lamezia Terme. "Un servitore delle istituzioni - ha aggiunto Walter Aversa - avrebbe meritato una risposta più chiara e immediata da parte degli apparati della sicurezza dello Stato. Cionondimeno, noi familiari accettiamo con serenità l’epilogo giudiziario cui, in maniera sia pure tardiva, si è giunti». Per l’assassinio di Aversa e della moglie é stato condannato definitivamente a 30 anni di reclusione nel 2010 Francesco Giampà, ritenuto un boss della 'ndrangheta, e, rispettivamente, a 10 e 8 anni i collaboratori di giustizia Stefano Speciale e Giuseppe Chirico, pugliesi, già esponenti della Sacra corona unita, autoaccusatisi dell’esecuzione materiale del duplice omicidio. Stamattina, su iniziativa della Questura di Catanzaro, l'omicidio dell’ispettore Aversa e della moglie è stato ricordato con una messa svoltasi nel Duomo di Lamezia Terme e la deposizione di una corona di fiori alla base della lapide collocata nel punto in cui avvenne il duplice assassinio. Erano presenti i figli dei coniugi Aversa, Paolo e Giulia, insieme a Walter; il Procuratore della Repubblica di Lamezia, Salvatore Curcio; il sindaco, Paolo Mascaro, ed il vicario della Questura di Catanzaro, Renato Panvino.

Il messaggio del Capo della Polizia

«Nel ricordo sempre vivo del Sovrintendente capo della Polizia di Stato Salvatore Aversa e della moglie Lucia Precenzano, uccisi in un agguato mafioso il 4 gennaio di 30 anni fa, desidero rinnovare ai loro familiari sentimenti di profonda partecipazione e riconoscenza». Così, in un messaggio, il Capo della Polizia, Lamberto Giannini. "La loro memoria ed il loro estremo sacrificio - prosegue - possano continuare a orientare le scelte che ciascuno di noi è chiamato è chiamato a fare, ogni giorno, per garantire la sicurezza delle nostre comunità, onorando la dedizione e il coraggio con cui Salvatore svolgeva il suo lavoro al servizio dei cittadini, sino a quel vile attentato in cui perse la vita insieme alla moglie». "Oggi, come trent'anni fa - afferma ancora nel messaggio il prefetto Giannini - ci stringiamo alla famiglia Aversa per celebrare quei valori di integrità, libertà e giustizia per i quali Salvatore e Lucia hanno sacrificato la loro stessa vita».

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