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Né fiori né opere di bene, solo... peluche. La dolce protesta di Cutro guidata da nonno Peppe

Il simbolo che non ti aspetti. Non parla nonno Peppe, uno dei tanti anziani che popolano il paese di Cutro, ma è incisivo più di mille parole o discorsi. Gli basta essere se stesso per fare scalpore. Perché un signore di 90 anni suonati, con tanto di bastone come prezioso supporto che lo tiene saldamente ancorato al terreno, te lo aspetti dappertutto ma non in mezzo ai manifestanti. E invece è proprio lì, quasi a voler guidare, dall'alto del suo (quasi) secolo di vita, i cutresi e i componenti delle associazioni che attendono l'arrivo della squadra di Governo. Come a voler dire: “Seguitemi, vi spiego io come si fa”.

È successo a pochi minuti dall'arrivo del Consiglio dei Ministeri in quel di Cutro che, nel giro di poco meno di due settimane, è passata da “teatro” di un dramma epocale a passerella politica. La gente del posto, infatti, o almeno la maggior parte di loro, ne è fermamente convinta: «L'arrivo della premier Meloni e dei suoi ministri rappresenta solo una vetrina. Da domani in poi torneranno a dimenticarsi di noi e dei nostri problemi».

“Non nel mio nome” si legge in gran parte dei cartelloni esposti all'esterno della piazza che fa da cornice alla chiesa dell'Annunziata. Altri parlano di “Strage di Stato”, o ancora: “Noi abbiamo un cuore grande, voi noi”. Nulla può andare storto, perché arriva lo Stato in carne e ossa. L'aria è frizzantina è anche le forze dell'Ordine sono in fibrillazione perché la carovana di auto blu è pronta a solcare la piazza di Cutro per dirigersi verso il Municipio: ad attenderla le Istituzioni. Su tutte il presidente della Regione, Roberto Occhiuto che, prima dell'arrivo della premier qualcosa se la lascia timidamente scappare. Del tipo: «La Calabria è una terra generosa, lo scorso anno ne abbiamo accolti 18mila di migranti, se ne tenga conto. Si faccia qualcosa per gli amministratori locali così sensibili». Le ore successive saranno riempite dal Cdm e dalla conferenza stampa in cui la prima ministra inciampa al cospetto di alcune domande dei cronisti (locali) che non ci stanno a sorbirsi la pappardella già somministrata nei giorni precedenti. Vogliono andare a fondo, ben al di là della scaletta di interventi predisposta dal capo ufficio stampa della Presidenza del Consiglio, Mari Sechi.

Ma ciò che resta della giornata di “gloria” di Cutro, probabilmente l'ultimo dopo dodici giorni di clamore, è ciò che avviene in quella piazza al passaggio dei ministri: una pioggia di peluche che atterra sui tettucci delle auto blu. Perché Cutro ha scelto: niente fiori né opere di bene per lenire lo squarcio, ma solo peluche; ha scelto di manifestare il proprio dissenso nel modo più dolce possibile, richiamando a quanto di più caro possa esserci per un bambino (un pupazzetto o un orsacchiotto). E di bambini, nella strage di Steccato, ne sono morti tanti. Nonno Peppe è sempre lì, dietro le transenne. E approva. Se solo non avesse le mani occupate dal bastone, un peluche lo adagerebbe anche lui sulle cappotte delle auto ministeriali.

 

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