“Noi siamo credibili se siamo in comunione. E la comunione non vuol dire livellamento, uniformità; la comunione vuol dire dinamismo dei carismi, dei talenti, dei ministeri. Comunione vuol dire lealtà nei rapporti, non doppiezza; franchezza nel dialogo, non dietrologia; guardarsi con lo sguardo sereno e vero di chi, nell’infedeltà, sa di poter contare sulla fedeltà di Dio e nelle difficoltà sa di poter contare nella forza e nel sostegno dell’amico, del confratello, dell’altro che è di fronte a te. Ognuno di noi, riempito dallo Spirito Santo, è chiamato a comunicare la forza dello Spirito che passa attraverso di noi quando siamo legati nella comunione, nella differenza dei carismi, dei ministeri, dei talenti, ma nella franchezza del dialogo e nella lealtà delle relazioni”. Così il vescovo di Lamezia Terme monsignor Serafino Parisi che, in Cattedrale, ha presieduto la Messa del Crisma, alla presenza di sacerdoti da tutta la diocesi, nel corso della quale sono stati benedetti il crisma e gli oli utilizzati dalla Chiesa nei sacramenti e i sacerdoti hanno rinnovato le promesse sacerdotali. Il senso dell’unzione sacerdotale, la missione del sacerdote nell’umanità di oggi, la comunione al centro dell’omelia del pastore della chiesa lametina che, per la prima volta, ha presieduto la Messa del Crisma. Richiamando le parole del profeta Isaia, il presule ha sottolineato come “il senso della nostra unzione è espresso dalle parole del profeta Isaia, che Gesù riprende e attualizza nella sinagoga di Nazareth, dove era stato accolto in un clima ostile e di diffidenza. Isaia aveva parlato a un popolo che ormai aveva perso le ragioni per vivere e sperare, che portava con sé lo stigma della schiavitù dell’esilio, che aveva sperimentato l’abbandono. Gesù, il Messia, è l’unto del Signore che comunica la Parola della salvezza e della speranza a coloro che non avevano più speranza. Prendere coscienza della nostra unzione significa testimoniare nel mondo il nostro essere riconoscenti e gioiosi per il dono che abbiamo ricevuto. Nel mondo c’è tristezza, apatia, sfiducia. Che cosa vogliamo dire a questo mondo oppresso e sfiduciato se non se non la forza gioiosa del Vangelo? Il Vangelo è la gioia che entra nella nostra vita, non il riso di quelli che ridono nell’inconsapevolezza; è la gioia che viene dalla consapevolezza della fedeltà di Dio che non si è stancato di noi e non si stancherà mai di noi. La nostra gioia è il Dio fedele. Lì è costruita la nostra esistenza sacerdotale: nelle nostre fragilità e nei nostri limiti che tutti sperimentiamo”. “Tra poco noi saremo chiamati a rinnovare le promesse – ha proseguito Parisi rivolgendosi in particolare ai sacerdoti - Che cosa vogliamo rinnovare noi? Che cosa siamo capaci di promettere, noi? Siamo chiamati ancora una volta a dichiarare la nostra piccolezza, la nostra fragilità vera, la nostra finitudine, Questo siamo, io e voi, voi e io. Dentro questa dichiarazione di finitudine, scopriremo che ancora una volta sarà il Signore a promettere fedeltà nei nostri confronti e solo in virtù di questa fedeltà noi possiamo dichiarare: “tutto posso in Colui che mi dà la forza”. Dal vescovo di Lamezia, il monito ai sacerdoti a dire alla gente di “guardare alla sofferenza, al dolore, alla morte, come Dio guarda la sofferenza, il dolore, la morte; guardare con gli stessi occhi di Dio una realtà segnata dall’ingiustizia, dalla mancanza di pace, dalla perdita del lavoro, dalle stragi della guerra, dai naufragi funesti dei migranti. Che sono le nostre fragilità? Che sono le nostre ossa aride? Che cosa sono le esperienze disgreganti dell’esilio? Impariamo a guardarle con lo sguardo di Dio e le scopriremo certamente ferite sanguinanti, ma ferite sanate dal sangue di Cristo offerto per noi. Invito tutti, me per primo, a presentare le nostre fragilità nella verità al Signore che ci ama per ricollocarci in una dimensione definitiva di popolo amato, come comunità con la quale il Signore ha voluto stabilire per sempre la sua alleanza. E da qui far ripartire la nostra testimonianza del mondo.” “Quando la gente vede la comunione tra di noi – ha concluso Parisi - non solo diventiamo credibili ma diventiamo, con il nostro esempio e la nostra testimonianza, portatori di gioia, liberazione, pace, vita, fedeltà, in un mondo lacerato che aspetta da ognuno di noi questa Parola profetica come forza dello Spirito che non si stanca mai di agire attraverso l’esercizio del nostro sacerdozio ministeriale. Un sacerdozio che è ministeriale perché è a servizio di questa Parola che coinvolge, salva, redime e riporta alla vita. Auguro a me, a tutti voi, a tutto il popolo santo di Dio: che il Signore ci guardi teneramente”.