Il Bauhaus cent'anni dopo: a Catanzaro la mostra sulla scuola che ha rivoluzionato l'architettura - Foto
Finita la Grande Guerra, l’arte tornò ad avere voglia di purezza. Di imporre ordine al caos. Imbrigliare l’esuberanza liberty, ridondante e curvilinea, nell’eleganza di forme “pulite” e rigorose, volumi compatti, strutture essenziali e oggetti funzionali. Minimalismo ante litteram? Non proprio. La rivoluzionaria scuola Bauhaus, di cui quest’anno ricorre il centenario, fu molto più di una corrente razionalista e modernista con il cuore pulsante per l’architettura, il supremo linguaggio delle città. Bauhaus fu una filosofia, una poetica, una cifra esistenziale, uno stile che in pochi anni, dopo le resistenze iniziali, ispirò l’urbanistica, il costume, la moda, perfino i party, incidendo anche sull’emancipazione femminile, affrancata da fronzoli e corsetti per proiettarsi nel dinamismo di outfit sobri, autorevoli, adatti al mondo del lavoro in cui la donna si stava faticosamente inserendo. Un concept globale che anche in Calabria trovò adepti e cultori. Una pagina di storia urbana che al museo Marca di Catanzaro dal 31 maggio al 31 luglio sarà raccontata dal la mostra, interamente gratuita, “Bauhaus 100 – Dal movimento moderno al razionalismo in Italia, fino al concetto di design contemporaneo”. L’iniziativa, promossa dall’Ordine degli architetti presieduto da Giuseppe Macrì, di concerto con la Fondazione Rocco Guglielmo e la Fondazione Architetti, è stata concepita all’interno delle celebrazioni internazionali per i cent’anni della nascita del Bauhaus e punta ad arricchire di contenuti anche locali l’iconografia e la storiografia di una scuola che diventò pietra angolare per tutte le avanguardie tra le due guerre e i movimenti d’innovazione nell’arte, nel design e nell’architettura, permeando fino agli anni '70 la cultura europea con interessanti esempi anche in Calabria. Tutto ebbe inizio quando nel 1919 Walter Gropius decise di fondare a Weimar, nel cuore della Germania, un nuovo modello di scuola di architettura, arte e design che denominò Bauhaus («casa del costruire») ispirandosi alla parola medievale Bauhutte, la loggia dei muratori. Lo seguirono architetti geniali come Le Corbusier e Mies Van der Rohe, tra i più grandi del Novecento. Il Bauhaus, che operò in Germania tra Weimar, Dessau e Berlino dal 1919 al 1933, nel contesto storico-culturale della Repubblica di Weimar, nel 1926 venne trasferito a Dessau, in un nuovo edificio progettato dallo stesso Gropius, che ha rivestito un'importanza fondamentale per lo sviluppo dell'architettura razionalista, cioè di una concezione del costruire basata su criteri essenziali, privi di aspetti decorativi, attenti principalmente alla funzione. La mostra, attraverso una scansione cromatica delle sale nei colori simbolo del Bauhaus, racconta la scuola con i suoi protagonisti, i principi e il metodo didattico, le opere e il design degli oggetti iconici che ne hanno decretato il successo. All’interno di questo percorso, che si articola da Weimar a Berlino passando per Dessau, trova posto una storia singolare che collega alla scuola tedesca l’ex Albergo Moderno di Catanzaro, realizzato nel 1935 dall’imprenditore Eugenio Mancuso nella centralissima piazza Matteotti e oggi sede di una banca. «Subito dopo la grande crisi del ’29 è Mancuso in Calabria – scrive l’architetto Franco Zagari in “Danzando con Gropius” – l’unico imprenditore che abbia la forza e l’intraprendenza di fare una scommessa di prestigio sulla sua città, e concepisce quello che per molti anni ne sarà il baricentro culturale, sociale e politico: un grande albergo di livello europeo, che prenderà non a caso il nome di Moderno. In cemento armato, il primo a Catanzaro, lo volle con la massima ambizione e senza esitazione andò a cercare il progetto più avanzato possibile in Germania, incaricandone la scuola Bauhaus che al tempo era ancora un faro dell’architettura internazionale nonostante fosse molto osteggiata dal regime nazista. La consegna del progetto avviene a Lipsia in circostanze romanzesche: la scuola è perseguitata e pertanto anche da noi è vista con sospetto. Il progetto così è elaborato in grande segreto e portato in Italia con uno stratagemma. Mancuso lo va a prendere approfittando di una fiera importante organizzata quell’anno. La realizzazione – annota Zagari – è molto curata, sia dell’edificio come degli interni». Il Moderno e l'elegante villa Cafasi (il palazzo privato accanto all’albergo) «scelgono nel repertorio razionalista due stili, l’uno proprio di un grande edificio pubblico gioca su una monumentale sobria composizione di masse, il secondo per una villa privata adotta degli effetti di rinvio quasi illusionistici, che ricordano a tratti De Chirico, a tratti la pittura di Escher». Sull’Albergo Moderno, nel 1950 “L'Europeo" settimanale trovò spazio per un articolo di costume dedicato a Ingrid Bergman e scritto da Camilla Cederna, con un cenno alla scala elicoidale che era il fulcro architettonico della hall: «Soltanto ora Ingrid comincia ad abituarsi alle maniere degli italiani, ma un anno e mezzo fa, quando arrivò in Italia, ne restò sgomenta. Si ricorda di una notte passata a Catanzaro. L'albergo, nel quale insieme a Rossellini aveva prenotato le stanze, era pieno di notabili catanzaresi, silenziosi, vestiti di nero, ma radunati in tale folla da farle venire le vertigini. Ce n'erano nell'atrio, sulle scale che portavano alla sua camera da letto, nel corridoio, e davanti alla porta del bagno, ch'era a metà del corridoio. Prima della partenza, poi, l'albergatore chiese a Ingrid l'onore di firmargli il lenzuolo nel quale aveva dormito». E ancora, nelle “Storie di Calabria” di Concolino e Caroleo, si parla del «movimento di una sinuosa scala che si snodava maestosa, dipanandosi simile ad un’avvolgente ed ampia elica, fino al primo piano dove consentiva l’accesso al salone delle feste; tale importante spazio diventava una scenografia perfetta ed eccellente cornice ai memorabili balli in maschera, alle serate danzanti delle domeniche e ai veglioni di fine anno». Un progetto innovativo anche per la distribuzione degli spazi: sul terrazzo del primo piano fu anche ricavato un campo da tennis. I lavori ebbero una veloce evoluzione. L’edificio, completato e inaugurato nel 1935, si affermò subito come «meta privilegiata dei forestieri e quale sede di ritrovi e cerimonie di gran gala della migliore società catanzarese al tempo dei telefoni bianchi». Oltre che dai presidenti dell’Ordine degli Architetti Giuseppe Macrì, della Fondazione Architetti Eros Corapi e da Rocco Guglielmo vertice dell'omonima Fondazione, l’iniziativa è stata organizzata e curata da Giulia Brutto e Francesca Savari.