Interessante pomeriggio, quello odierno, trascorso tra le vie dei centri storici di Acquaro e Dasà con l’associazione internazionale “Città della Terra Cruda” che, nata in Sardegna, raggruppa 50 comuni in tutta Italia, e altri nel mondo, e si avvale della consulenza tecnico scientifica dell’università di Cagliari. L’associazione è presieduta da Enrico Pusceddu, sindaco di Samassi, in Sardegna, e si occupa di portare avanti un importante progetto per il recupero delle risorse necessarie a valorizzare e riscoprire la tecnica di costruzione con mattoni di terra cruda e il patrimonio rappresentato da tali edifici esistenti in tutto il mondo, per riaprirli e renderli fruibili turisticamente a chi ha voglia di vivere forme esperenziali di viaggio. Referente in Calabria del progetto il professor Rosario Chimirri, docente di storia dell’architettura all’Unical, che da circa vent’anni studia la materia, ha girato per vari paesi e ha definito Acquaro e Dasà, gli unici in Calabria a far parte del progetto, i comuni con i centri storici più interessanti dal punto di vista architettonico per ciò che riguarda la terra cruda, le cosiddette “briasti”, un materiale talmente duro e resistente al punto da essere preso anche come esempio per definire la faccia di una persona sfrontata: sei una faccia tosta viene tradotto con sei una faccia di “bresta”.
I dettagli del progetto
Il progetto attualmente prevede la realizzazione di un doppio documentario (uno nazionale e un altro regionale) ad alti livelli che, una volta ultimato, sarà distribuito in appositi circuiti di valorizzazione e promozione. Presenti oltre a Chimirri anche il vicesindaco di Acquaro, Saverio Viola, il presidente della Pro Loco Giuseppe Esposito e il referente dell’associazione locale di promozione e valorizzazione delle tradizioni “Donn’Antuani”, Pino Carnovale, che ha fatto da “Cicerone”, la troupe, anch’essa composta da sardi, e da un cine reporter messicano, oltre a riprendere con tanta curiosità le numerose abitazioni antiche, ha realizzato anche delle interviste. A partire dal professore Chimirri, che, auspicando che attraverso il recupero delle antiche strutture si possa tornare alle stesse dinamiche costruttive, ha parlato dell’argomento dal punto di vista storico, sottolineando come la tecnica costruttiva con terra cruda sia antichissima, risalente addirittura al VI secolo e sviluppatasi con maggior diffusione nel medio evo, con differenze a seconda dei luoghi nei materiali aggiunti alla terra, paglia o pietrisco. Viola, invece, ha parlato del quartiere dove la comitiva ha stazionato, fatto di piccole case abitate da famiglie anche numerose, densamente popolato fino a 30/40 anni fa e ora da considerare come patrimonio da tutelare e valorizzare. Pino Carnovale, proseguendo, ha spiegato il significato del nome del quartiere (Donn’Antuani, dal nome di un medico che aiutava tutti gratuitamente), che è la “ruga” storica da cui si è sviluppato tutto il centro abitato e dove le case se le si sa ascoltare parlano. Case piccole e densamente abitate con la loro semplice struttura, costituita da una stanza al piano superiore, dove viveva la spesso numerosa famiglia, e di un immancabile magazzino, la cantina (u catuaju), per stipare provviste e alimenti. Giuseppe Esposito, infine, ha definito il paese come uno scrigno con tanti tesori, primo fra tutti il suo centro storico, dove si respira ancora quell’aria di accoglienza e convivialità che altrove manca. Una zona che, nell’ottica della riscoperta dei borghi, andrebbe rivalorizzata turisticamente, per renderla fruibile a quei viaggiatori in cerca dell’esperenzialità del viaggio, nell’ottica di un turismo contemporaneamente di nicchia e di qualità. Non resta, dunque, che attendere l’ultimazione del video, verso fine anno, e sperare che vi si ottengano i risultati che ci si propone, per poter rivedere vivo un centro storico che di vivo, al momento, ha solo i ricordi di chi lo ha attraversato e vissuto.
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