La dipendenza da smartphone sulla salute mentale di bambini e adolescenti: quali gli effetti? Se n’è discusso ieri al santuario della Madonna della Catena di Dinami, nel giorno in cui da sei anni si celebra l’anniversario della morte di Marina Casuscelli, giovane del luogo deceduta per la mancata diagnosi precoce di un tumore. Anche per questo all’iniziativa era presente Francesco Petrolo, presidente provinciale Lilt, che vorrebbe realizzare a Dinami un centro di ricerca per la prevenzione del cancro. L’iniziativa è stata promossa dall’associazione culturale Pro Soreto, in collaborazione con le parrocchie San Michele Arcangelo di Dinami e Santi Filippo e Giacomo di Limpidi, l’istituto comprensivo G. d’Antona di Acquaro e l’Asd Nuova Medimo Oratori. «Un argomento molto sentito, secondo il parroco della comunità, don Rocco Suppa, per il quale molti genitori mi esprimono preoccupazione per i propri figli». Lo stesso ha evidenziato quanto inquietante sia il fenomeno, che provoca “Nomofobia”, ossia ansia di rimanere sconnessi. Lo ha fatto con alcuni esempi vissuti. Come quando, all’avvio di un campo scuola, una ragazza dopo alcune crisi di pianto ha voluto essere riaccompagnata a casa perché il sito dove si svolgevano le attività non era coperto da campo. O quando tra due bambine di quinta elementare una era invidiosa dell’altra e la insultava pesantemente tramite smartphone, tanto da costringerla a non voler più andare a scuola. «Quindi – conclusione logica di don Rocco – il cellulare deve essere uno strumento utile quando serve non la nostra ragion di vita». Gli ha fatto eco nella sua relazione Antonella Rotella, psicologa, psicanalista, gruppo analista ed esperta in addiction (dipendenze senza sostanze), che ha definito l’incontro come «momento destinato alla prevenzione piuttosto che alla cura di un fenomeno che ci porta, e porta i nostri figli – ha detto – a non riuscire ad avere relazioni sociali reali e a perdere tante cose belle della vita». Attraverso l’uso di slide scritte e con linguaggio chiaro, interagendo con i presenti, quindi, la Rotella è entrata nel vivo dell’argomento, parlando di un fenomeno che assume caratteristiche e problematiche diverse negli adulti rispetto ragazzi, in quanto nei primi gli smartphone sono un’appendice, mentre i ragazzi, in quanto “nativi digitali”, ne vengono a contatto sin dalla nascita e, perciò, sono parte del loro mondo e ci riescono a fare istintivamente e intuitivamente cose per cui un adulto ci mette molto più tempo. Per questo ne fanno un utilizzo smodato, rendendo i telefoni mediatori delle relazioni sociali con amici e famiglia e falsandole. Un fenomeno alimentato dagli adulti, che quando non sanno qualcosa di tecnologico la chiedono ai figli, a cui, altresì, per non essere disturbati danno in mano il cellulare, che si sostituisce a quella “persona cara” che un tempo si occupava di loro fisicamente, fornendo loro la positività delle carezze e dei rapporti sensoriali che oggi mancano sempre più. Questo porta i ragazzi a compiere gesti, farsi notare eccessivamente e ad esternare al di fuori della famiglia quello che in famiglia manca. «Non è semplice essere genitori – la razionale deduzione – ma ciò che si può fare è dare ai nostri figli una corretta educazione e un’istanza morale su ciò che è bene e ciò che è male, che gli arriva dal nostro esempio, dai limiti e dalle libertà che si sanno dare loro e dal modo comportamentale in cui lo si fa, non imponendo ma lavorando sulla loro condotta sociale, in modo che un certo atteggiamento sia interiorizzato e diventi abituale». Insomma, sono tante le cose che provocano una dipendenza “addiction”, ma ciò che influirebbe maggiormente sarebbero l’elemento affettivo e quello educativo. Un argomento interessante per cui la dottoressa Rotella ha cercato di dare una chiave di lettura e certe soluzioni, anche attraverso il successivo dibattito che ha coinvolto i tanti presenti. Ha concluso l’incontro, parlando di diversa prevenzione, il dottore Francesco Petrolo, che ha esposto il progetto di realizzazione del centro di prevenzione dei tumori a Dinami, grazie alla volontà di un suo amico d’infanzia a Dinami, Rino Lombardi, di donare una casa alla Lilt per realizzare il centro, che Lombardi ha chiesto sia intitolato ai propri genitori. Una bella notizia che ha fatto da degna ciliegina sulla torta a un pomeriggio di interessante attualità.