Catanzaro, Crotone, Vibo

Domenica 24 Novembre 2024

Natuzza Evolo, il Natale della serva di Dio. Il suo cammino e la sua opera

 
Natuzza con don Pasquale Barone
Natuzza Evolo
Una devota davanti alla tomba di Natuzza Evolo a Paravati di Mileto
 
Natuzza Evolo
Natuzza Evolo

“O Gesù Bambino tu  sei la luce, aprici  gli occhi e la mente. Tu sei l’Amore, donaci una carità viva”. Sono queste le parole, mai dimenticate, pronunciate da mamma Natuzza - la mistica, oggi Serva di Dio, di cui è attualmente in corso il processo di beatificazione, morta il primo novembre del 2009 -  davanti a Gesù Bambino nel corso di un Natale di tanti anni fa. Ma chi è stata Natuzza Evolo?  Un suo ritratto in questa breve biografia curata da Vincenzo Varone.

La venuta al mondo

Natuzza Evolo nasce il 23 agosto 1924in una casa di Paravati, frazione del Comune di Mileto dalle radici greco basiliane, segnata in quegli anni infinitamente difficili dall’abbandono e dalla fame, nasce Fortunata Evolo. «Vivrà solo pochi giorni», dice con aria preoccupata, affranta e nello stesso tempo rassegnata la levatrice, guardandola negli occhi appena aperti. Dello stesso avviso si mostra la zia materna Caterina Valente, presente al parto. Il motivo di questa forte preoccupazione è dettato soprattutto dal fatto che la neonata è venuta al mondo con le braccia incrociate, dal suo pallore e dallo strano e preoccupante silenzio nel quale è avvolta. Una situazione che fa presagire il peggio. Fatto sta che si decide, una volta sentito il parroco, di battezzarla immediatamente. Il giorno dopo la bimba riceve così, con il consenso della madre Filomena Maria Angela Valente, poco più che ventenne, e degli altri parenti, tra cui i nonni materni Antonino Valente e Giuseppina Rettura, il sacramento del Battesimo. Negli anni Venti la mortalità infantile in Calabria – dovuta alle malattie, all’assenza di una pur minima alimentazione e alla rassegnazione che spesso regnava nelle case degli ultimi (ovvero della stragrande maggioranza della popolazione) è altissima e, pertanto, le probabilità che quella nascitura che poco dopo la sua venuta al mondo appare assopita e malaticcia riesca a superare la prima settimana di vita sembrano davvero scarse. Tutti pensano che morirà nel giro di qualche giorno, come tanti altri bambini nati nelle stesse condizioni, ma il mistero che circonda la vita di ogni uomo è infinito e imperscrutabile. Nessuno può prevedere il corso degli eventi. Ed ovviamente neppure i testimoni semplici e rassegnati dei fatti avvenuti in quelle stagioni immutabili e solitarie possono minimamente immaginare, in quel giorno afoso e silenzioso di quell’estate anonima e senza alcun sapore, il percorso unico e irripetibile al servizio del bene e dei tanti cercatori di Dio che avrebbe caratterizzato il corso della vita di quella bimbetta indifesa e bisognosa di cure, apparentemente uguale a tante altre. Nessuno in quella casa – che si affaccia sull’allora polverosa via Umberto, dove le zanzare provenienti dal fiume Mesima spuntano con beffarda frequenza da ogni angolo – può accorgersi che Dio e la Madonna, attraverso l’alito dello Spirito, hanno posto insistentemente il loro sguardo su quella bambina e si sono, quindi, gioiosamente fermati per scegliere la loro inconsapevole messaggera, colei che con la su semplicità convertirà gente di ogni dove. Nessuno intravede il segno di Dio e della Vergine Maria; nessuno in quei giorni di caldo e di miseria può solo minimamente immaginare che quella neonata segnerà con la sua buona parola la vita di tanti uomini e donne.

La partenza senza ritorno del padre

Proprio in quello stesso periodo, il padre della nascitura, di nome anche lui Fortunato – esattamente come il santo martire cristiano tanto caro ai miletesi e di cui nella Basilica cattedrale della cittadina si conservano sin dai tempi antichi i resti, venerati da tutti i fedeli – per sfuggire a quegli anni di buio e di cupo dolore, come tanti altri paravatesi parte per l’Argentina, una terra che agli occhi dei calabresi di quel tempo è decisamente meno distante di Roma capitale. Almeno in quel luogo così lontano, e a volte senza ritorno, si può in qualche modo trovare lavoro, un minimo di dignità, sbarcare il lunario e mangiare ogni tanto carne vaccina. Quello del bracciante agricolo Fortunato è un addio doloroso, con la classica valigia di cartone con dentro quasi niente e poche lire in tasca, giusto quelle necessarie per trovare asilo presso una nuova patria, meno dura di quella Calabria padronale, sfruttata e povera in canna. Si racconta che Fortunato, prima di imbarcarsi, abbia promesso alla moglie Maria Angela, di appena 19 anni, che un giorno sarebbe rientrato. Ma così non è. L’Argentina, che gode in quegli anni di una grande prosperità economica, diventa per lui, come per altri protagonisti dell’amara diaspora, la sua nuova patria e una donna di nome Maria, di origini italiane, anche lei dunque un’emigrata, la sua nuova compagna. Fortunata Evolo conoscerà, poi, il padre nel corso di una delle sue prime bilocazioni, quando si ritroverà improvvisamente trasportata nella sua modesta casa in Argentina. Il genitore, qualche tempo dopo l’accaduto, riferirà, in una lettera dalla grafia incerta, dettata a uno scrivano e indirizzata ad alcuni parenti del suo borgo natio, di avere avuto l’impressione di vedere la figlia e di aver scambiato con lei anche qualche parola. Fortunato non ne parlerà mai più, chiuso in un silenzio doloroso – dovuto forse al rimorso per quella figlia che non ha mai conosciuto e alla quale non ha mai provveduto e pensato – che lo accompagnerà per tutto il resto della vita di triste emigrato, costretto ad abbandonare la sua patria per non morire di fame e di abbandono.

Le prime apparizioni

Spostiamoci agli anni Trenta. Un giorno alla porta di casa della piccola Natuzza si presenta un monaco di alta statura, magro, con la barba completamente bianca e gli occhi luminosi che lasciano trasparire la forza del bene; la mamma è fuori e lei è sola in casa. «Noi siamo poveri, non abbiamo neppure il pane», gli dice la piccola Fortunata, facendogli vedere la cassa completamente vuota. Il monaco – che la bambina crede sia un frate questuante – le sorride, presentandosi come san Francesco di Paola. Si racconta anche che lo stesso san Francesco, durante quella visita, abbia promesso a Natuzza che la tanto sospirata grazia che lei aveva incessantemente chiesto, nei giorni precedenti, al Cuore immacolato di Maria l’avrebbe ottenuta nel giro di poco tempo. La richiesta, che pare fosse legata a un problema familiare, dopo tre giorni effettivamente si concretizza. Sono questi i primi segni del grande mistero di Paravati. Nello stesso periodo, su segnalazione di un massaro del posto, di nome Vincenzo Cirianni, sempre pronto ad aiutare gli altri, la giovane Natuzza lascia la casa materna per andare a servizio a Mileto, presso la famiglia dell’avvocato Silvio Colloca e di sua moglie, la signora Alba. Come compenso al proprio lavoro, la ragazza avrebbe avuto vitto, alloggio e una modesta retribuzione. È un modo questo, in anni particolarmente difficili, per dare una mano anche ai suoi familiari, soprattutto ai fratelli, che non hanno neanche da mangiare. Ed è proprio in questa casa, nel cuore di Mileto, a pochi passi dalla cattedrale e dalla chiesa della Santissima Trinità, che incominciano a manifestarsi intorno a Natuzza in maniera sempre più evidente i fenomeni della visione dei defunti, della bilocazione e dei dialoghi con l’angelo custode al punto che la giovane inizia a comunicare “messaggi” praticamente impossibili per una ragazza completamente analfabeta. Negli anni successivi, la stessa Natuzza confiderà ai curatori di una nota trasmissione televisiva, a proposito dei suoi dialoghi con i defunti, che non sempre riusciva a distinguere i morti dai vivi: «Tante volte mi è capitato di dare la sedia a un morto perché non distinguo se è vivo o se è morto. Distinguo solo le anime del Paradiso, perché sono sollevate da terra. Le altre invece no, le piglio per vivi. Infatti quante volte consegno loro la sedia e loro mi dicono: “Non ne ho bisogno perché sono un’anima dell’altro mondo”. E poi mi parla del parente presente perché tante volte capita che, quando viene, per esempio, una persona, è accompagnata dal fratello morto o dal padre che mi dice tante cose da suggerire al figlio». Tra i colloqui avuti con i defunti, ce n’è uno in particolare, trascritto a suo tempo dai familiari della mistica, che fa riflettere e che ha come protagonista un personaggio particolarmente conosciuto. Siamo nel 1960: il protagonista di questa visione è il filosofo Benedetto Croce, che fu ministro della Pubblica istruzione del Regno d’Italia e che, all’epoca della visione, era morto da otto anni. Croce, dopo aver confidato a Natuzza di non aver accolto quando era in vita i tanti segnali provenienti dalla Madonna, le confessa di essere dannato con queste testuali parole: «Vorrei tornare sulla terra, fare tanti sacrifici e penitenze quanti sono i granelli di sabbia in una spiaggia e ottenere così la salvezza eterna». Risale alla sua permanenza nella famiglia Colloca anche la prima emografia: viene assunto come dato certo che sia apparsa durante il mese di dicembre del 1939, esattamente pochi giorni prima di Natale. Ne è testimone diretto il medico Domenico Naccari, il quale, nel togliere una benda che era stata sistemata sul corpo della ragazza, per via della presenza di una ghiandola che doveva essere curata, vi trova scritta, con sua profonda meraviglia, questa frase incompleta: «Creatore e Redentore, noi vi riconosciamo». Si tratta delle prime manifestazioni di un mistero destinato a fare storia; tali manifestazioni hanno portato sollievo ai tanti viandanti di ogni dove: uomini e donne di ogni età e di ogni condizione sociale, figli di un mondo dove il dolore e la pena sono la costante di ogni cammino e dove la luce è un dono che ognuno deve vivere, giorno dopo giorno, nell’attesa di raggiungere la meta tanto attesa del Paradiso.

Le stimmate

I primi segni apparivano puntualmente all’inizio della Quaresima, sotto forma di macchie rossastre, fino a produrre delle lesioni che nei giorni della Settimana Santa diventavano sanguinanti. Nella maggior parte dei casi si trattava di vere e proprie piaghe che – come ha avuto modo di mettere nero su bianco a suo tempo il medico chirurgo Rocco Molè, autore di uno studio attento e specifico alla fine degli anni Ottanta – guarivano poi senza che ci fosse bisogno di farmaci e tantomeno di medicazioni. Il fenomeno pare abbia avuto inizio nel 1955 anche se Francesco Mesiano – uno dei primi a scrivere sulla giovane donna di Paravati – nel suo volume I fenomeni paranormali di Natuzza Evolo colloca queste manifestazioni a partire dal 1958, quando lei aveva 24 anni. Negli anni in tanti – soprattutto medici, uomini di scienza e sacerdoti – hanno assistito a questi eventi nell’abitazione di via Nazionale (il luogo dove Natuzza ha ricevuto per diversi lustri migliaia di persone con il loro carico di sofferenze) e successivamente presso il centro anziani “Monsignor Pasquale Colloca”, della fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime”, dove è stata ospite a partire dalla seconda metà degli anni Novanta. Dai loro racconti emerge che Fortunata Evolo cadeva a più riprese in uno stato di estasi e che le stimmate si trasformavano, a contatto con bende e fazzoletti, in testi di preghiere in lingue diverse, ostie, ostensori, corone di spine e cuori. Lo stato di sofferenza raggiungeva il suo culmine nella giornata del Venerdì Santo, esattamente tra mezzogiorno e le 14.30 con la flagellazione e un susseguirsi di crisi respiratorie strettamente legate all’agonia di Cristo sulla croce. Solo nell’ultimo anno di vita sul corpo di mamma Natuzza non si sono aperte le ferite e le sofferenze sono state meno dolorose degli anni precedenti. Durante queste ore difficili, la mistica ha più volte parlato delle apparizioni di Gesù: egli la invitava a soffrire per i peccatori.

La bilocazione

La bilocazione è uno dei fenomeni che hanno caratterizzato la vita di Natuzza Evolo, un dono straordinario che ancora oggi continua ad affascinare, a stupire e ad essere materia di studio e riflessione. Diciamo subito che attraverso questo fenomeno Natuzza, pur rimanendo nella sua Paravati, con il suo corpo riusciva a manifestarsi a distanza con un’infinità di persone sparse in ogni angolo del mondo. A questa gente la mistica con la sua presenza riusciva ad offrire conforto e speranza. Alcune volte Fortunata Evolo appariva con le sue sembianze fisiche, compreso il suo sorriso forte e chiaro; in altre circostanze compariva in sogno oppure faceva sentire di essere presente in un determinato ambiente attraverso rumori, profumi o addirittura con le macchie di sangue lasciate dalle sue emografie oppure attraverso un piccolo nodo alla coroncina del Rosario. Fenomeni sui quali si registrano centinaia di testimonianze.La bilocazione, come la stessa Natuzza ebbe modo di raccontare in più di un’occasione ai suoi padri spirituali, non avveniva quasi mai di sua spontanea volontà. “Mi si presentano – diceva la mistica – dei defunti o degli angeli e mi accompagnano nei luoghi dove è necessaria la mia presenza. Vedo perfettamente i luoghi dove vado, posso parlare, essere udita, posso compiere delle azioni come aprire o chiudere le porte. Rimango sul posto il tempo necessario. Io sono cosciente che il mio corpo è a Paravati, ma è come se avessi un altro corpo. Alcune volte sono stata capace di trasportare alcuni oggetti dal posto visitato in bilocazione alla mia casa. Qualche volta mi è capitata una bilocazione doppia, nel senso che vedevo due posti contemporaneamente ed ero vista in più luoghi diversi”.

La nascita della fondazione

Fortunata Evolo è stata  l’ispiratrice dell’associazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime”, poi trasformata in fondazione, da lei considerata la sesta figlia e la più amata, nata per dare sostegno ai più bisognosi e per andare incontro ai tanti cercatori di Dio. «Ci sarà un giorno – disse nel lontano 1944 la Madonna alla mistica con le stimmate – una nuova e grande casa per alleviare le necessità di giovani, anziani e di quanti si troveranno nel bisogno e una grande chiesa che si chiamerà “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime”». Così Natuzza racconta quello straordinario annuncio: «Io quando ho visto la Madonna e Gesù e san Giovanni, tutti e tre, allora quando li ho visti mi girai e dissi: “Come vi ricevo in questa casa brutta?” E La Madonna mi ha risposto: “Non ti preoccupare, anche nella casa brutta possiamo venire. Ma ci sarà una nuova casa, ti dico il titolo di oggi Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle anime”. Io le ho risposto: “Ma per chi? Per i morti o per i vivi?”. “Per i morti e per i vivi, ci sarà una grande chiesa”. Disse ancora la Madonna: “Ci saranno grandi meraviglie e tua sarai gioiosa, come sono gioiosa io. La villa la intitolate Villa della Gioia”. E poi mi fece vedere tante cose, tante case, tante casette, gente che soffriva. Mi disse tutte le indicazioni, tutti i nomi, allora mi veniva una specie di curiosità per domandare e le dicevo: “Quando saranno queste cose?” “Tempo al tempo”, diceva la Madonna. “Qualche giorno e ci saranno e io mantengo sempre le promesse”. “E quand’è il tempo?”, e lei diceva: “Non è giunta l’ora, poi ti faccio sapere”. Ogni volta che io facevo questa domanda la Madonna sorridente mi diceva: “Stai tranquilla, mantengo sempre le mie promesse”». Verso la fine del 1986 la Vergine Maria dice a Natuzza che è giunto il momento di iniziare l’opera spirituale e sociale, denominata “Villa della Gioia”, che avrebbe avuto al suo interno la grande e bella chiesa dedicata al Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, il “Viale della salvezza” che conduce proprio al santuario mariano, il “Viale della misericordia” e una struttura di riabilitazione chiamata “Centro recupero della speranza”. E ancora il “Centro ospiti della speranza” e il “Villaggio del conforto”, con diciannove casette per gli ammalati gravi che in questo modo negli ultimi momenti della loro vita avrebbero potuto avere la vicinanza dei loro familiari.L’associazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime”, trasformata poi negli anni successivi in fondazione, porta la data del 13 maggio 1987.

La dipartita terrena

Natuzza Evolo è venuta a mancare il 1o novembre 2009. Il generoso cuore della mistica con le stimmate, da giorni, ormai, in gravi condizioni di salute, cessa di battere quasi alle prime luci dell’alba Prima un blocco intestinale per il quale il 20 ottobre si rende  necessario il suo ricovero in ospedale, poi il 29 ottobre un blocco renale che fa precipitare la situazione. Il suo fisico già debilitato dalle tante malattie ormai non risponde più. Nel momento dell’ultimo respiro l’orologio della stanzetta del centro anziani “Monsignor Pasquale Colloca”, in via Umberto, dove Fortunata Evolo è ospite insieme agli altri anziani della struttura, da lei fortemente voluta, segna esattamente le 5.15. I funerali hanno luogo due giorni dopo sul sagrato del santuario mariano. Vi prendono parte, nonostante il vento e la pioggia incessante, migliaia di persone, tra ombrelli e cappotti impermeabili, in un clima di sentita partecipazione. Le esequie vengono celebrate dal vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, Luigi Renzo, che ha accanto una larga rappresentanza dei vescovi calabresi: il compianto Domenico Tarcisio Cortese, che era stato alla guida della diocesi per oltre venticinque anni, il vescovo di Catanzaro-Squillace, Antonio Ciliberti, il vescovo di Locri-Gerace, Giuseppe Fiorini Morosini, il presule di Lamezia Terme, Luigi Cantafora, il vescovo emerito di Lamezia Terme, Vincenzo Rimedio, nonché centoventi sacerdoti, tra cui il futuro vescovo di Ascoli Piceno, Giovanni D’Ercole, presente alle esequie in rappresentanza della segreteria pontificia. Gli occhi del popolo di Dio, durante i funerali, sono tutti rivolti alla bara di noce chiaro di Natuzza, deposta ai piedi dell’altare e adornata da un piccolo mazzo di rose. Una partecipazione sentita e corale.

La causa di beatificazione

L’istruttoria della causa di beatificazione di Natuzza Evolo è stata avviata dall’allora vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea monsignor Luigi Renzo nel novembre del 2014, a cinque anni esatti dalla sua morte, così come prescrive il diritto canonico. Contestualmente, il presule aveva anche proceduto alla nomina di don Enzo Gabrieli, sacerdote dell’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, quale postulatore. Giusto qualche settimana prima anche la Conferenza episcopale calabrese aveva espresso all’unanimità il suo parere favorevole alla richiesta inoltrata con celerità dal pastore diocesano di introdurre la causa di beatificazione della mistica di Paravati. Successivamente il relativo carteggio era stato portato direttamente in Vaticano dallo stesso monsignor Luigi Renzo, con la richiesta di poter avviare il processo. Il 17 novembre 2018 – dopo un lungo periodo di attesa durato quattro anni – è giunto finalmente il nulla osta della Congregazione delle Cause dei Santi per l’avvio della causa di beatificazione. Il 20 febbraio 2019 è stato, quindi, pubblicato in tutte le parrocchie della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea l’editto vescovile con l’avviso dell’apertura del processo e la nomina del Tribunale diocesano composto dal giudice delegato don Francesco Vardè che rappresenta  il presule, dal promotore di giustizia monsignor Saverio Di Bella, dal notaio don Francesco Sicari e dal notaio aggiunto Francesco Reda. Ma la data più significativa è  sicuramente quella del 6 aprile 2019, giorno in cui – alla presenza di oltre diecimila fedeli – nella Villa della Gioia  è  avvenuto l’insediato ufficiale del tribunale diocesano con il compito di istruire la causa della mistica. Durante la celebrazione, accanto al pastore della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, c’erano cinque vescovi e oltre cento sacerdoti.

L'apertura al culto della Chiesa

Il sei agosto del 2022 è avvenuta la tanto attesa apertura al culto della chiesa dedicata al Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, sulla quale Natuzza si è spesa fino agli ultimi giorni della sua vita.  Durante la liturgia uno dei  momenti più significativi è stato quando il presule della diocesi di Mileto -Nicotera-Tropea monsignor Attilio Nostro -  con accanto numerosi vescovi e  oltre 150 sacerdoti tra cui il presidente onorario della fondazione don Pasquale Barone e il rettore del santuario mariano padre Michele Cordiano - ha pronunciato con tono solenne la preghiera di dedicazione della chiesa al Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime. “O Dio, che regni e santifichi la tua chiesa - ha invocato Attilio Nostro -  accogli il nostro canto in questo giorno di festa; oggi con solenne rito il popolo fedele dedica a te per sempre questa casa di preghiera; qui invocherà il tuo nome, si nutrirà della tua parola, vivrà dei tuoi sacramenti”. Ed ancora. “Qui il povero trovi misericordia, l’oppresso ottenga libertà vera  e ogni uomo goda della dignità dei tuoi figli, finchè tutti giungano alla gioia piena nella santa Gerusalemme del cielo”. Oggi la chiesa-  dove il 24 dicembre alle 18  verrà celebrata la messa della Vigilia e il giorno successivo alle 11 e alle 18 la Solennità del Natale  -  è meta quotidiana di tantissimi pellegrini. Il resto di questa storia di Fede, unica e straordinaria, è ancora tutto da scrivere.

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