Il presidente ha festeggiato davanti ai tifosi con tutta la famiglia. La moglie, i figli, i fratelli. Un tripudio strameritato, con cori a ripetizione, anche esagerati come il «portaci in Europa» che si è sentito nitido e ha fatto ridere tutti. Gioia e liberazione per Floriano Noto, che ha salvato il club ormai sei anni fa quando era a un passo dal fallimento. L’ha ricostruito, gli ha ridato dignità e un’identità: «Sono felicissimo perché questo è un successo partito da lontano, dalle due stagioni consecutive nelle quali siamo arrivati secondi. In questa siamo partiti ala grande, era ciò che avevo chiesto al mister all’inizio, di… andare a dominare, non solo comandare. E sono estremamente contento che ci siamo riusciti». Appassionato e sempre vicino alla squadra, l’ingegnere è entrato nel piccolo e nobile club dei presidenti vincenti. Lui accanto a don Nicola Ceravolo, Enrico Talamo, Aldo Ferrara, ma anche Pino Albano, Claudio Parente, Giuseppe Cosentino, tutti quelli che, in piccolo o in grande, hanno contribuito a scrivere piccoli o grandi pezzi di storia delle Aquile. «Per il momento questo è un primo punto di arrivo visto che erano 19 anni che non vivevamo una promozione in B, ora è bellissimo godersi questo momento. Poi, è chiaro, dobbiamo consolidarci e conoscere la categoria, che è piena di insidie, non è affatto facile e nella quale cercheremo pure di sviluppare e lanciare giovani». Ci credeva dall’inizio, il patron, che poi ha pensato che fosse davvero la stagione della svolta alla quarta giornata. «Con il gol di Pontisso a Cerignola, all’ultimo minuto di recupero, ho creduto che fosse davvero l’anno buono, ma io sono sempre rimasto con i piedi per terra, fino a quando non è arrivata la matematica». Per Noto, come per tutti, è stato un lungo volo pieno di momenti esaltanti: «Se devo sceglierne un paio dico la vittoria con il Crotone in casa e quella con la Viterbese in rimonta, con il colpo di testa di Curcio, ma ne potremmo raccontare sul serio tantissime altre perché è stata tutta un’annata da incorniciare». Nata anche da quella delusione tremenda nella semifinale dei playoff con il Padova, prodotta anche da un torto arbitrale su cui pure il Var ha sorvolato: «La rabbia che avevamo per quell’eliminazione, che non meritavamo, ci ha stretto ancora di più, i giocatori che hanno fatto un patto fra di loro, io e la mia famiglia che ci siamo guardati negli occhi e abbiamo deciso di fare una squadra ancora più forte». Un giocatore preferito più degli altri? «Abbraccio tutti, dal portiere ai Primavera aggregati in prima squadra». In campo, nel mezzo del trionfo, l’abbraccio con il tecnico Vivarini: «Con lui ho un ottimo rapporto, lo sanno tutti». Lo stesso rapporto che il presidente ha con i tifosi, che è riuscito a riportare in massa al “Ceravolo” e in trasferta: «Sono stati eccezionali sempre e anche a Salerno. Ho lavorato moltissimo perché si giocasse all’Arechi e ci fossero quanti più sostenitori era possibile parlando con il prefetto e il questore in due giorni impegnati e impegnativi, quando anche tutto stava per saltare, poi fortunatamente hanno un po’ tutti convenuto che una partita del genere sarebbe stato meglio gestirla a Salerno».