Lotta alla 'ndrangheta, incontro a Pizzo con i procuratori Falvo e Manzini
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Magistrati in prima linea nella lotta alla 'ndrangheta, a confronto. A darne l'occasione la presentazione, a Pizzo, del libro di don Marcello Cozzi (“Lupare rosa: storie di amore, sangue e onore”) che ha visto dialogare con l'autore il procuratore di Vibo, Camillo Falvo e il procuratore aggiunto di Cosenza, consulente della Commissione parlamentare antimafia, Marisa Manzini. "Per chi fa parte dell’ambiente mafioso, uscirne è fare un salto nel buio, perché non si sa cosa riservi poi il domani. Noi badiamo al verbale, alla prova e a quello che può costituire; ce ne preoccupiamo ma non abbiamo la possibilità di dare risposte e assicurazioni, che invece è ciò che chi decide di denunciare ha bisogno come il pane". Conciso e critico il procuratore Falvo. "I veri eroi della lotta alla 'ndrangheta - ha aggiunto - non siamo noi che veniamo con la macchina blindata, abbiamo la pattuglia dei Carabinieri che ci viene a prendere e, abbiamo uno stipendio sicuro. I veri eroi sono quelli che riescono a denunciare. Tutto questo oggi sta avvenendo nel Vibonese". E, per dare la misura di come la 'ndrangheta sia radicata ha raccontato una fase dell’operazione “Imponimento” di cui è titolare delle indagini: "A Filadelfia, le vecchiette che notavano circolare auto “strane” (mezzi civetta), riferivano al capo bastone. Questo per far capire quanto sia radicata questa mentalità". La 'ndrangheta è quella bruttura che stride con la bellezza del territorio ed è "difficile - ha evidenziato il procuratore Manzini - coniugare questi due aspetti. Dobbiamo riuscire a tirare fuori il bello". La Manzini ha poi ricordato la vicenda di una donna morta per “suicidio”, un suicidio che lascia davvero tanto dubbi. "Si era allontanata dalla famiglia di 'ndrangheta con il figlioletto ma fece l’errore di volerci ritornare, ignorando che i principi della 'ndrangheta non sono quelli della società civile ma quelli “dell’onore e della dignità”, ovviamente distorti e molto lontani dai nostri. Nella 'ndrangheta vige la legge del silenzio... che lei aveva infranto". E da Pizzo, cittadina pesantemente coinvolta nei due ultimi blitz della Dda, è stato ribadito il concetto: basta a collusioni e connivenze che condizionano la società civile. Serve uno spartiacque per rilanciare la legalità e, soprattutto si deve decidere da che parte stare; ed è soltanto così che, sulle macerie dell’antistato, si potrà affermare la legalità. La presentazione del libro di don Marcello Cozzi è stata l’occasione per affrontare la scottante tematica legata alla zona grigia. L’evento è stato moderato dal referente vibonese di Libera, Giuseppe Borrello e, a fare gli onori di casa a nome della città, il commissario Antonio Reppucci. E non sono mancati brevi cenni alle due importanti operazioni Rinascita Scott e Imponimento che hanno visto coinvolti anche napitini. "La mafia - ha evidenziato il commissario Reppucci - oggi è fatta da persone insospettabili; dobbiamo respingerli ed essere netti. Dobbiamo saper colpire allontanando le persone “inquinate” eticamente e moralmente. Stiamo con le persone giuste. Serve un’igiene dell’anima per fare il salto di qualità, perché i giovani ci guardano e seguono i nostri esempi, a volte poco edificanti". Si è invece focalizzato sulla bellezza don Ennio Stamile, coordinatore regionale di Libera perché "le storie del libro non possono offuscare la bellezza dei territori. Nonostante questi “buchi neri” siamo testimoni della bellezza. Contrastando la rassegnazione calabrese, la dignità e la libertà delle persone è necessario che non si perdano: si tratta di donne sacrificate perché volevano conservare proprio la libertà e la dignità". Don Cozzi ha tracciato la linea delle sue storie; storie di donne fatte sparire per seppellire la vergogna perché "l'onore vale più della vita, secondo il codice della mafia".