Una serie di circostanze sfortunate, una condizione meteo sfavorevole e un incastro di competenze. E una certezza: la chiamata alla Guardia Costiera, preposta ai soccorsi, arrivata domenica alle 4.30, troppo tardi per salvare i circa 180 migranti a bordo del barcone che si era già schiantato contro una secca ad un centinaio di metri dalla riva, a Steccato di Cutro. Si cerca ora di ricostruire cosa non ha funzionato la notte tra sabato e domenica, cosa si poteva evitare e cosa era impossibile prevedere e affrontare. A due giorni dalla tragedia - che segna la sua 66esima vittima recuperata ogg i- e con gli interrogativi sull'efficacia della catena di soccorso sollevati da più parti, il Comando generale della Guardia costiera interviene per ricostruire gli eventi. Seguito da Frontex e anche dalle parole del ministro Piantedosi a precisare che l’imbarcazione «non ha chiesto aiuto». La sera di sabato 25 febbraio, dunque, verso le 22-22.30 un velivolo Frontex ha avvistato, a circa 40 miglia dalla costa, un’unità in navigazione nel Mar Ionio, che «risultava navigare regolarmente, a 6 nodi e in buone condizioni di galleggiabilità, con solo una persona visibile sulla coperta». Il velivolo ha inviato la segnalazione al punto di contatto nazionale preposto per l’attività di «law enforcement» (la Guardia di finanza, ndr), «informando, tra gli altri, per conoscenza, anche la Centrale operativa della Guardia Costiera di Roma». Dopo, la Guardia di finanza «comunicava l’avvenuta attivazione del proprio dispositivo, già operante in mare, per intercettare l'imbarcazione». Alle 4.30 circa, ricostruisce la Guardia costiera, «ci sono giunte alcune segnalazioni telefoniche da terra relative ad un’imbarcazione in pericolo a pochi metri dalla costa». I carabinieri, già avvisati dalla Gdf, hanno informato dell’avvenuto naufragio. «Questa - sottolinea la Guardia costiera - è la prima informazione di emergenza pervenutaci riguardante l’imbarcazione avvistata dal velivolo Frontex. Nessuna segnalazione telefonica è mai pervenuta ad alcuna articolazione della Guardia costiera dai migranti, presenti a bordo, o da altri soggetti come avviene in simili situazioni». Dopo la segnalazione ricevuta è stato immediatamente attivato il dispositivo Sar, sotto il coordinamento della Guardia costiera di Reggio Calabria, con l'invio di mezzi navali, aerei e terrestri e personale. Ricostruzione sostanzialmente confermata da un portavoce Frontex che all’ANSA ha riferito che il velivolo ha avvistato una barca «pesantemente sovraffollata» diretta verso l’Italia e sono state «immediatamente informate tutte le autorità italiane». L’areo ha monitorato l’area «fino a quando non è dovuto rientrare alla base per mancanza di carburante». "L'imbarcazione, che trasportava circa 200 persone, stava navigando da sola e non c'erano segni di pericolo» sottolinea quindi Frontex. Le ricostruzioni si integrano con quella fatta già domenica dal Reparto aeronavale della Guardia di finanza di Vibo Valentia, competente su tutta la Calabria. Dopo l’avviso Frontex, riferiva la Gdf, «veniva attivato il dispositivo per l'intercetto dell’imbarcazione con una vedetta di Crotone e il pattugliatore di Taranto, nonostante le proibitive condizioni del mare. Le unità, nonostante gli sforzi per raggiungere il target, considerate le difficili condizioni meteomarine e l'impossibilità di proseguire in sicurezza, facevano rientro». E' stato così attivato «il dispositivo di ricerca a terra, lungo le direttrici di probabile sbarco, coinvolgendo anche le altre forze di polizia nelle ricerche lungo la costa». E questa ricostruzione trova forza nelle parole di Piantedosi che sottolinea come «il mare grosso è stato un elemento che ha caratterizzato questo evento, la salvaguardia delle condizioni di sicurezza di chi interviene è uno dei punti cardine delle regole che presidiano questi soccorsi». Dunque, dalle ricostruzioni fatte, pare emergere che per la Guardia di finanza, l’intervento in mare era di polizia giudiziaria e non di soccorso, considerato che, come detto da Frontex, «non c'erano segni di pericolo» e non era stato lanciato nessun SOS da parte dell’imbarcazione, dettaglio questo -hanno chiarito i superstiti- dovuto al fatto che gli scafisti disponevano di un disturbatore di frequenza. Le versioni fornite, insieme a tutta la documentazione relativa alla vicenda, sarà oggetto del vaglio della Procura di Crotone. Il capo dell’ufficio, Giuseppe Capoccia, ha confermato che l’inchiesta avviata riguarda il naufragio e non i soccorsi, ma che comunque saranno raccolti tutti i dati «per inquadrare la situazione». «I soccorsi non sono oggetto di indagine specifica" ha sottolineato. Dai primi atti dell’inchiesta e che al momento riguarda i tre scafisti - per uno 17enne procede la Procura dei minori di Catanzaro - intanto emergono alcuni particolari relativi alle fasi immediatamente successive alla tragedia ed al viaggio. Uno degli scafisti, il cittadino turco fermato per primo, è stato salvato dall’intervento dei primi carabinieri intervenuti dopo che i superstiti si erano scagliati contro di lui nel tentativo, quasi, di linciarlo.
Le vittime
E’ salito a 66 il numero dei migranti deceduti nel naufragio di domenica scorsa sulla costa del crotonese. E’ un bambino dell’età di cinque o sei anni l’ultima vittima recuperata quando già era buio nelle acque di Steccato di Cutro. Lo rende noto la Prefettura di Crotone spiegando che le salme al momento identificate sono 28, delle quali 25 afghani, 1 pachistano, 1 palestinese, 1 siriano. Le nazionalità dei migranti tratti in salvo sono: Afghanistan, Pakistan, Palestina, Siria, Iran, Somalia. Fra questi sono presenti 14 minori, alcuni dei quali ancora ricoverati all’ospedale di Crotone, altri accolti al Cara di Isola di Capo Rizzuto. Nella giornata di domani, dopo l’allestimento della camera ardente presso il «Palamilone», si terrà un momento di preghiera per le vittime del naufragio. E’ in programma domattina, l'udienza di convalida del fermo dei tre presunti scafisti del barcone naufragato nel crotonese. La posizione di uno degli indagati, che ha dichiarato di avere 17 anni, potrebbe essere analizzata dal tribunale dei minorenni di Catanzaro. L’indagato pachistano sarà sentito in prima mattinata dal gip mentre il cittadino turco ha il Covid. Da ieri in azione anche i sommozzatori dei vigili del fuoco di Taranto per cercare di provare a recuperare altri cadaveri. Prevista a breve un’immersione dei vigili del fuoco perché a riva è stata individuata una parte dell’imbarcazione dove si presume possa esserci la possibilità di trovare altri cadaveri.