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Veleni in acqua ma
anche nell’atmosfera

Non soltanto il percolato finito nell’acqua del fiume Alli, nel mar Jonio e, potenzialmente, nel sottosuolo. Ci sono anche emissioni di fumi nell’atmosfera fra i presunti veleni “sputati” dalla discarica gestita dalla holding Gavioli prima del sequestro disposto dalla Procura della Repubblica. Tra le contestazioni elencate in 28 capi d’imputazione dal pm Carlo Villani ai 15 indagati destinatari degli avvisi emessi in queste ore, ce n’è una degna di ulteriore approfondimento. E riguarda un incendio scoppiato nell’area della discarica il 4 giugno del 2001. In quell’occasione, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, un rogo di rifiuti ingombranti e di apparecchiature elettriche ed elettroniche «illecitamente stoccate nel piazzale dell’impianto tecnologico per il trattamento dei rifiuti solidi urbani ed assimilabili indifferenziati di Alli» avrebbe provocato «emissioni di fumo atte ad offendere o molestare persone». Il caso specifico viene contestato non solo a Stefano Gavioli, l’imprenditore veneto alla guida di tutte le società che si sono succedute nella gestione della discarica fino allo scorso ottobre, ma anche a Loris Zerbin, direttore tecnico di tutte le società del gruppo Gavioli, Giovanni Faggiano, co-amministratore e poi liquidatore di Enerambiente, membro del cda, procuratore e liquidatore di Slia, ed a Santo Mellace e Antonio Garrubba, entrambi dipendenti tecnico-operativi di Enerambiente.

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