«Non possiamo fare la guerra fra di noi, dobbiamo invece unire le forze contro il nemico, contro la ‘ndrangheta». L’appello è di Antonio Reppucci, il prefetto di Catanzaro
che nello scorso periodo di Pasqua andò in giro per i negozi del centro a chiedere ai commercianti se pagavano il pizzo. Accanto a lui c’erano i vertici dell’Ala, l’Associazione antiracket cittadina, Maria Teresa Morano e Armando Caputo. Adesso il quadro è improvvisamente cambiato. I Giampà che contano, quelli che fino a pochi mesi fa tenevano sotto scopa i commercianti del quartiere Nicastro e tutta la zona Est della città, sono dentro. Molti di loro non resistevano alle ristrettezze del 41bis in carcere e si sono addirittura pentiti dopo aver ricevuto raffiche di accuse su diversi omicidi. Situazione diversa rispetto a qualche mese fa anche tra gli imprenditori. Il paradosso è che adesso sono loro ad essere denunciati dai mafiosi che si sono pentiti acquisendo lo status di collaboratori di giustizia. Sarà dura dimostrare il contrario quando uno come Giuseppe Giampà dice: «Tu mi pagavi il pizzo». E sarà ancora più dura controbattere ad accuse di correo: «Tu ci procuravi armi, oppure ci coprivi».
Caricamento commenti
Commenta la notizia