Medici, avvocati e un politico. Così la zona grigia comincia a emergere nel processo al clan Giampà in programma tra un mese davanti al Tribunale lametino. Nel registro degli indagati per favoreggiamento o concorso esterno in associazione mafiosa ci sono diverse decine di colletti bianchi all’attenzione della Direzione distrettuale antimafia
di Catanzaro. Si tratta della prima volta che a Lamezia si mette il naso sulle presunte compiacenze che trova la ’ndrangheta nella cosiddetta società civile. Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto della Dda, alla Gazzetta del Sud né conferma né nega che si stia indagando sulla zona grigia lametina. Ma di certo il boss Giuseppe Giampà, figlio di Francesco il “Professore” capo storico del clan, parla di un ex primario dell’ospedale lametino coinvolto in un giro di truffe alle assicurazioni. Il giovane boss grazie al medico connivente sarebbe riuscito a ottenere 240 mila euro che reinvestì nel narcotraffico. È al momento sotto indagine anche un politico lametino “con un importante incarico alla Provincia di Catanzaro”, che dai carabinieri viene definito come un «soggetto “intraneo” alla cosca dei Notarianni», affiliata ai Giampà. Molti dei Notarianni dal giugno scorso sono in galera, e uno di loro è stato condannato per omicidio.
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