Lamezia Terme è la città degli intrecci tra affarismo, mafia e politica. È lo scenario che emerge dalle 717 pagine dell’ordinanza firmata il 21 giugno dal Gip Assunta Maiore e che portò all’arresto di 36 persone appartenenti alla famiglia “Giampa”. Emerge una città dove le cosche dettano legge, cercando di condizionare anche la politica e quanti decidono di candidarsi come consigliere comunale. La cosca Giampà, infatti, non solo ha favorito propri candidati ma ha anche provato ad “assoggettare” un imprenditore che si era presentato come consigliere comunale alle ultime elezioni amministrative. Elementi che emergono non solo dall’ordinanza emessa dal gip della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, ma anche dai numerosi allegati dell’operazione “Medusa”. E se alcuni si rifiutavano di «assoggettarsi » alla cosche per essere eletti, altri invece si «recavano dai membri della cosca Giampà e offrivano delle somme di denaro ottenendo in cambio la promessa di essere favoriti nelle competizioni stesse con il voto di tutti gli appartenenti alla cosca e dai vari nuclei familiari». A rivelare questo aspetto è stato il collaboratore di giustizia Battista Cosentino rispondendo alle domande degli investigatori, ai quali fornisce anche i nomi di chi si è rivolto al clan per ottenere voti in cambio di favori. In particolare Cosentino ha riferito chi “sponsorizzava” Vincenzo Bonaddio alle elezioni del Consiglio comunale.
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