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Scambio di carnet di
assegni alla Posta, un
utente spende mentre
l’altro... trema

Lo scambio accidentale di due carnet di assegni postali ha portato allo sviluppo di una storia che Franz Kafka non avrebbe saputo intrecciare meglio. I protagonisti della vicenda sono stati, loro malgrado, due correntisti che nello scorso mese di dicembre sono stati costretti a evitare delle spiacevoli conseguenze che nessuno dei due si era mai sognato di cercare. Proprio come nel celebre romanzo “Il processo” dello scrittore praghese, tutto ha avuto inizio al mattino, quando uno dei due ignari correntisti è stato chiamato da un ufficio postale del comprensorio per confermare l’emissione di un assegno che era stato segnalato dall’ufficio “Sistemi e canali di pagamento Bancoposta ”di Milano, in quanto la firma non corrispondeva a quella depositata dal cliente. Inconsapevole di quanto era in realtà avvenuto, il cliente, anche piuttosto preoccupato, si è recato nell’ufficio e lì è venuto a conoscenza di quell’assegno che lui avrebbe emesso per un ammontare di 4.000 euro. Non solo, ma ne spuntava fuori anche un altro per un ammontare ancora non del tutto preciso, poiché la comunicazione giunta non era del tutto chiara. Comunque, il correntista, che non aveva memoria di aver emesso un assegno di tale importo, prendeva tempo per fare dei controlli sul proprio conto e sul carnet in suo possesso (peraltro, dal mese di settembre ne aveva uno nuovo). Sarebbe tornato l’indomani, per firmare l’eventuale dichiarazione di “benemissione”, con la quale cioè riconosceva come propria quella firma, oppure l’avrebbe disconosciuta. Fatti i dovuti controlli, però, e non trovando più la matrice del vecchio carnet, al correntista non risultava nulla. Nonostante ciò, l’indomani, prima di firmare o meno la dichiarazione di benemissione, con il supporto costante del personale dell’ufficio decideva di svolgere ulteriori approfondimenti. Da questi veniva a conoscenza che l’assegno era stato depositato in una banca del nord Italia circa due settimane prima e che ce n’era un altro di 4.600 euro che era nella stessa situazione. A quel punto, il cliente decideva che avrebbe sporto denuncia, perché riteneva che qualcuno avesse falsificato la sua firma e messo in circolazione quei due assegni a sua insaputa e, soprattutto, a suo danno. Sennonché, controllando i numeri di serie degli assegni emessi, e verificando la ricevuta di consegna del suo nuovo carnet, si accorgeva che i numeri non coincidevano, oltre al fatto che il suo blocchetto era intatto. Fatte le dovute verifiche, aveva in mano un carnet che risultava legato a un altro conto corrente. A quel punto, ecco svelato l’arcano: a settembre, quando aveva ritirato il nuovo blocchetto, allo sportello accanto al suo un’altra persona stava facendo la medesima operazione. Al momento di ricevere i due blocchetti, i correntisti firmavano correttamente la ricevuta di avvenuta consegna del carnet degli assegni. Ma sul retro di quella ricevuta, complice probabilmente un disguido informatico, si andava a comporre l’errore: il computer assegnava, infatti, altri numeri di serie e incrociava i due carnet che, dunque, risultavano rispettivamente legati l’uno al conto dell’altro. Alla fine, così, gli assegni erano stati emessi in buona fede dal secondo correntista (titolare di una società) ma erano legati al conto corrente del primo cliente che, a sua volta, aveva assegni legati all’altro conto corrente. Per questo, dunque, la firma apposta sugli assegni non sarebbe mai potuta risultare conforme ai controlli delle Poste. Svelato il mistero, tutto si è risolto per il meglio, anche se si è registrato qualche disagio per i correntisti (oltre che un comprensibile mal di testa per la complicatezza del caso), soprattutto per chi aveva emesso quegli assegni, che ha dovuto annullare le emissioni e provvedere ai pagamenti in altra maniera.

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