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Trent’anni a Russelli
per l’omicidio Megna

russelli

Non più l’ergastolo ma trent’anni di carcere. I giudici del secondo grado sono stati più clementi, rispetto al gup, nei confronti del presunto boss di Papanice Pantaleone Russelli detto Leo. La Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro ha giudicato e condannato il 39enne di Papanice, accusato di essere il mandante e uno degli esecutori dell'agguato del 22 marzo del 2008 a Papanice nel quale venne assassinato il 37enne Luca Megna. Nell'imboscata vennero ferite la moglie di Luca Megna e la figlioletta che aveva allora cinque anni. Per quell’agguato i giudici hanno inflitto ieri a Russelli una condanna a 30 anni di reclusione. Il 5 luglio 2011, il gup Emma Sonni aveva invece deciso la massima pena. Il collegio del secondo grado presieduto da Fortunato Rosario Barone (Fabrizio Cosentino, consigliere), ha rideterminato la pena escludendo l’aggravante dei motivi abietti a carico di Russelli al quale è stata revocata anche la pena accessoria della decadenza della potestà genatoriale. In aula ieri Russelli, che ha reso una dichiarazione spontanea, ha ammesso di essere stato presente sul luogo dell’agguato ma ha precisato di non aver sparato e di essere stato investito prima che gli altri componenti del commando facessero fuoco. «Ho visto la bimba e la donna –ha sottolineato –e non ho fatto fuoco. Prego ogni giorno per la bambina». Il 39enne (che è stato difeso in Assise d’Appello dall'avv. Gianni Russano e dall’avv. Giuseppe Spinelli), doveva rispondere di omicidio e tentato omicidio nell'ambito del procedimento scaturito dall'operazione della Polizia di Stato denominata "Cape fear" messa a segno il 22 luglio 2010 contro lo stesso Russelli e altre 16 persone accusate a loro volta di fare parte della rete di fiancheggiatori che dopo l'agguato del sabato di Pasqua del 2008, aiutò il presunto capo 'ndrina di Papanice a sfuggire agli investigatori. Nel procedimento erano parti civili la Provincia e il Comune di Crotone rappresentato dall’avv. Mario Lucente. L’accusa è stata sostenuta in udienza dal sostituto procuratore generale Salvatore Curcio (già pm in primo grado) che aveva chiesto la conferma dell’ergastolo.

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