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Agguato Musy, è di
Ricadi il fermato

Lo hanno preso. L'uomo con il casco, il misterioso individuo che terrorizzò Torino sparando in pieno giorno al consigliere comunale Alberto Musy per poi allontanarsi indisturbato davanti alle decine di telecamere sparse per le vie del centro, adesso ha un nome e un volto: è Francesco Furchì, 50 anni, origini calabresi, un "faccendiere" dall'"indole violenta e vendicativa" - parole del pm Roberto Furlan - che nutriva un rancore profondo verso quell'avvocato cattolico prestato alla politica (tra le file dell'Udc) che si era permesso, addirittura per tre volte, di non assecondare le sue ambizioni. Furchì, dalla scorsa notte, è in stato di fermo. Tentato omicidio, aggravato dai motivi abietti. Anche se il caso presenta ancora qualche "punto oscuro" da chiarire, anche se bisogna accertare l'esistenza di uno o più complici, gli indizi portano la procura a pensare che Furchì sia l'uomo che il 21 marzo 2012 sparò quattro volte a Musy dopo averlo atteso nel cortile di casa, dove si era intrufolato spacciandosi per pony express, e che poi si defilò tranquillamente, a piedi, il volto nascosto da un casco da motociclista e il corpo avvolto da un anonimo impermeabile. Il consigliere rimase vivo, ma da quel momento non si è più risvegliato dal coma: ancora oggi è in una clinica vicino a Parma in condizioni gravissime. Al magistrato, che lo ha messo di fronte all'imponente massa di indizi raccolti dalla squadra mobile guidata da Luigi Silipo con un lavoro definito "mastodontico" dal procuratore Gian Carlo Caselli, Furchì si è limitato a una breve dichiarazione spontanea: "Sono innocente". "Ha cambiato le nostre vite - dice Angelica D'Auvare, la moglie di Musy, da cui ha avuto quattro figlie - e vorrei incontrarlo". Si era capito subito che l'aspirante killer non era un professionista e che la pista dell'eversione era da scartare. Quanto al resto, tante ipotesi ma mistero fitto. Musy era in politica da poco, di mestiere faceva il civilista e l'insegnante all'università di Novara, e la sua vita privata era specchiata, senza ombre. Poi, alla fine, è spuntato Furchì. E con Furchì il movente: la vendetta. Agli occhi dell'ambizioso "faccendiere", scrive il pm Furlan nel decreto di fermo, Musy "era, e mi si perdoni la reminiscenza evangelica, colui che lo aveva tradito tre volte". La prima: l'avvocato si rifiutò di raccomandare Biagio Andò, figlio dell'ex ministro Salvo Andò, alla nomina di professore associato all'Università di Palermo. La seconda: quando Musy si candidò nel 2011 a sindaco di Torino per il Terzo Polo, voleva avere un posto di rilievo in una lista collegata (Alleanza per la Città), ma non lo ottenne e raccolse 57 voti. La terza: Furchì desiderava trovare degli investitori che lo aiutassero a rilevare Arenaways, società che tentava di allestire una rete di trasporto ferroviario privata e Musy non lo appoggiò. Era troppo. "Arenaways era l'affare della sua vita", dice Furlan. Il pm, nel decreto di fermo, descrive l'indagato con toni al limite del disprezzo: non si capisce che lavoro faccia, non presenta dichiarazioni a fini fiscali dal 1999, si presenta come presidente di un'associazione culturale che promuove la cultura della Calabria "sulla cui stessa esistenza ci sono anomalie", ha contatti con "ambienti opachi inclini al delitto", frequenta politici, giornalisti ed ecclesiastici alternando "effettive conoscenze a millanterie grossolane", e cita persino una frase della moglie, dalla quale si sta separando: "Un pazzo che vive in un mondo virtuale". Due ore dopo gli spari, Furchì si mise al computer e mandò un'email al giornalista Michele Cucuzza: gli annunciò l'attentato a Musy. E lo fece, secondo il pm, a titolo di "risposta preventiva", perché era convinto che il cronista gli avrebbe chiesto notizie e aggiornamenti. In serata Furchì ha accusato un malore, è stato portato all'ospedale Maria Vittoria, e dopo gli esami medici è stato rimandato in cella.(ANSA).

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