Il collaboratore di giustizia Pietro di Costa già titolare di un istituto di vigilanza privata, con sede a Tropea ma con operatività provinciale, ha raccontato agli inquirenti di avere presentato numerose denunce nei confronti di concorrenti sleali, narrando «episodi che lo avevano visto vittima di usure ed estorsioni».
L’imprenditore escusso dai magistrati antimafia il 6 dicembre 2010, sosteneva che la criminalità organizzata facente capo ai Mancuso controllava nei comuni di Ricadi, Parghelia e Tropea attraverso i La Rosa e Agostino Papaianni quasi tutte le strutture turistiche. Secondo l’imprenditore la pressione delle cosche era così forte che imponevano anche le forniture ortofrutticole e il personale. Il collaboratore ha inoltre affermato che per lavorare nel settore della vigilanza si è dovuto rivolgere, senza ottenere niente, ad Agostino Papaianni.
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