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Indagati il Sindaco
e l’ing. Scalamogna

Non avrebbero ottemperato agli obblighi per la messa in sicurezza dell’area inerente il tracciato della Tangenziale Ovest, la strada che avrebbe dovuto collegare viale della Pace con la provinciale per Triparni e che invece rimane una incompiuta le cui strutture rappresentano anche un pericolo per l’incolumità pubblica. Pertanto sono finiti sul registro degli indagati il sindaco Nicola D’Agostino, che in precedenza era stato nominato dall’autorità giudiziaria quale «custode» della struttura e l’ing. Pasquale Scalamogna nella sua qualità di responsabile del settore Lavori pubblici di palazzo “Luigi Razza”. Il provvedimento del procuratore Mario Spagnuolo e del sostituto Santi Cutroneo, poggia sul presupposto che il sindaco e il dirigente, ognuno per le proprie competenze, non avrebbero provveduto ad avviare l’iter per la messa in sicurezza dell’area. Le disposizioni erano scattate nel corso del sequestro preventivo eseguito il 16 maggio del 2011, giorno in cui il Nucleo di Polizia Tributaria diretto dal ten. col. Michele Di Nunno su disposizione della Procura della Repubblica, aveva apposto i sigilli. Quel provvedimento successivamente fu convalidato dal gip. In sostanza, secondo i magistrati, il sindaco e l’ing. Scalamogna non avrebbero predisposto tutti gli atti di ufficio per la messa in sicurezza che «dovevano essere compiuti senza ritardo». In questo caso viene evidenziato che era necessario predisporre atti deliberativi, di indirizzo, nonché un bando di gara per l’espletamento dei lavori, l’approvazione del progetto e, infine, la realizzazione delle opere. Ma così non è stato e in tal senso la Procura della Repubblica ha nuovamente chiesto il sequestro dell’area il cui decreto a firma del giudice Gabriella Lupoli è stato emesso il 6 aprile scorso ma la cui esecuzione è avvenuta nella mattina di ieri. Il giudice non manca di annotare che i lavori per la messa in sicurezza si rendevano necessari «alla luce delle risultanze tecniche- investigative emerse» nel precedente provvedimento di sequestro preventivo attraverso le quali veniva segnalata l’ estrema pericolosità del muro realizzato in località Cancello Rosso e del versante sovrastante. Non bisogna dimenticare che agli atti risulta la relazione del consulente tecnico, prof. Paolo Giani, che evidenziava come l’opera di sostegno (alta fino a 13 metri fuori terra) fosse interessata «da importanti criticità a livello strutturale poiché il muro presenta – scriveva il prof. Giani – due tranciamenti nella parte superiore estesi ad una profondità di almeno 5-6 metri con cedimento verso valle della parte inferiore; il basamento, inoltre, presenta una lesione continua con trazione verso valle che evidenzia l’abbassa - mento e la rotazione del muro». Lo stesso consulente della Procura nella perizia allegata agli atti evidenziava, tra le altre cose, che erano state riscontrate «notevoli lesioni che continuano progressivamente ad aprirsi tanto da lasciar fondatamente prevedere il crollo dell’opera». Lo stesso consulente aveva messo in evidenza in quella stessa relazione che dai risultati di carotaggio effettuati sui pali risultava che il calcestruzzo era «esageratamente magro, e completamente assente negli ultimi tre metri, ove è stata riscontrata solo la presenza di ghiaia». In sostanza i grandi pilastri in cemento armato che avrebbero dovuto reggere alcuni tratti di quella strada poggiavano sulla ghiaia. In precedenza erano state indagate otto persone, tra cui due imprenditori siciliani, tecnici regionali e il progettista. Ma i reati contestati sono ormai caduti in prescrizione e la Procura per loro ha chiesto l’archiviazione del procedimento.

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