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Chiarire la procedura
del "suicidio" di D'Amico

 

"Pietro aveva qualche problema di depressione, che non gli impediva, però, di condurre una vita normale ed essere fisicamente efficiente. La sua morte, per le modalità con cui è avvenuta, è un fatto che ci sconvolge". Lo dice all'ANSA Pietro Giamborino, cugino di Pietro D'Amico, l'ex magistrato calabrese morto in una clinica di Basilea con il suicidio assistito. "Ci rivolgeremo ai nostri legali - ha aggiunto Giamborino - per sapere come sia stata attuata la procedura per il suicidio assistito". 
L'ex magistrato calabrese, Pietro D'Amico, di 62 anni, di Vibo Valentia, è morto in una clinica di Basilea, in Svizzera, dove gli è stato praticato il suicidio assistito. La notizia è riportata stamane dalla Gazzetta del Sud. I familiari di D'Amico hanno ricevuto la notizia della morte del congiunto, secondo quanto scrive il giornale, attraverso una telefonata della direzione della struttura sanitaria elvetica. 
 D'Amico aveva deciso di sottoporsi al suicidio assistito in piena lucidità scegliendo a tale scopo la struttura sanitaria in Svizzera, dove poi è morto. Il suo ultimo incarico lo aveva svolto alla Procura generale di Catanzaro in qualità di sostituto procuratore. Negli anni scorsi era stato indagato insieme ad altri magistrati dalla Procura di Salerno per una fuga di notizia per la perquisizione di un parlamentare nell'ambito dell'inchiesta Poseidone sui presunti illeciti nella gestione dei fondi per la depurazione. D'Amico era stato poi prosciolto ma aveva deciso di abbandonare la toga commentando che "questa magistratura non mi merita".

"Pietro aveva qualche problema di depressione, che non gli impediva, però, di condurre una vita normale ed essere fisicamente efficiente. La sua morte, per le modalità con cui è avvenuta, è un fatto che ci sconvolge". Lo dice  Pietro Giamborino, cugino di Pietro D'Amico, l'ex magistrato calabrese morto in una clinica di Basilea con il suicidio assistito. "Ci rivolgeremo ai nostri legali - ha aggiunto Giamborino - per sapere come sia stata attuata la procedura per il suicidio assistito". 

Pietro D'Amico era andato in Svizzera per praticare il suicidio assistito senza avvertire i parenti, né nessun altro. A riferirlo è il cugino dell'ex magistrato, Pietro Giamborino. "Ciò che non riusciamo a spiegarci - dice ancora Giamborino - è come sia stato possibile che nessuno dalla clinica di Basilea ci abbia avvertito della volontà di morire espressa da Pietro. Possibile che una semplice volontà di morire possa fare scattare la procedura del suicidio assistito?. Stiamo valutando se agire legalmente nei confronti di chi lo ha aiutato a morire". "Pensavamo che fosse partito - aggiunge Giamborino - per i uno dei suoi soliti viaggi in auto. Viaggiare, soprattutto in automobile, era una delle sue grandi passioni. Lo faceva spesso soprattutto da quando tre anni fa aveva lasciato la magistratura dopo essere stato coinvolto in una vicenda giudiziaria dalla quale era uscito totalmente indenne. Ed era ancora molto attivo nello studio delle scienze giuridiche". "Aveva scritto molti volumi - conclude - soprattutto di Filosofia del diritto e di Diritto romano, alcuni dei quali sono stati adottati come libri di testo da alcune università ed aveva molteplici interessi. Era, insomma, una persona di grande cultura, non solo giuridica. Costituiremo una fondazione per portare avanti i suoi studi giuridici". 

L'ex magistrato calabrese, Pietro D'Amico, di 62 anni, di Vibo Valentia, è morto in una clinica di Basilea, in Svizzera, dove gli è stato praticato il suicidio assistito. La notizia è riportata stamane dalla Gazzetta del Sud in edicola. I familiari di D'Amico hanno ricevuto la notizia della morte del congiunto, secondo quanto scrive il giornale, attraverso una telefonata della direzione della struttura sanitaria elvetica. 
 D'Amico aveva deciso di sottoporsi al suicidio assistito in piena lucidità scegliendo a tale scopo la struttura sanitaria in Svizzera, dove poi è morto. Il suo ultimo incarico lo aveva svolto alla Procura generale di Catanzaro in qualità di sostituto procuratore. Negli anni scorsi era stato indagato insieme ad altri magistrati dalla Procura di Salerno per una fuga di notizia per la perquisizione di un parlamentare nell'ambito dell'inchiesta Poseidone sui presunti illeciti nella gestione dei fondi per la depurazione. D'Amico era stato poi prosciolto ma aveva deciso di abbandonare la toga commentando che "questa magistratura non mi merita".

 

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