Passa una notte d’inferno. La mattina dopo al risveglio si sente strana, si guarda allo specchio e vede una parte di faccia cambiata, deformata. Anche la sua gamba non sta bene, è come se fosse addormentata. Chiama i suoi figli e la portano al pronto soccorso. Sembra una giornata come tante all’ospedale. Ognuno con le sue emergenze, i suoi guai di salute. È decisamente un posto peggiore di Equitalia. Sono le 10.30 di lunedì. E bisogna mettersi in fila anche per registrarsi alla reception del pronto soccorso. Barelle che vanno e vengono, infermieri, camici bianchi, il solito odore pesante d’ospedale. Il ticket d’ingresso è alle 11.25. L’unica cosa da fare è stare seduti ad aspettare. Lei ha poco meno di settant’anni ed è lametina. I figli le stanno attorno, le prendono l’acqua. Si guardano attorno nella speranza che la signora venga chiamata a visita. E ci si rassegna un po’, perchè questa è la trafila. Il dolore persiste. Qualcuno dei parenti va a sollecitare una visita nel reparto, dove nessuno se ne sta con le mani in mano. C’è tanta gente, bisogna aspettare il proprio turno.
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