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Come i Giampà
decretavano la
morte dei Torcasio

Potrebbe essere definita il dizionario storico degli ultimi vent’ anni della criminalità organizzata lametina l’operazione “Perseo”, la seconda grande retata della polizia in cui 66 presunti affiliati del clan Giampà sono finiti sott’inchiesta un mese fa. Alla voce “tentato omicidio di Pasquale Gullo e Pasquale Torcasio detto “Carrà”” viene ricostruita tutta la storia secondo le dichiarazioni dei pentiti. Gullo e Torcasio riuscirono a sfuggire all’agguato, mentre rimase ferito con due colpi di pistola alla schiena Giuseppe Curcio. Del delitto ora sono accusati come mandanti Giuseppe e Pasquale Giampà, Aldo Notarianni, Vincenzo Bonaddio e Rosario Capello; come esecutori Domenico Giampà e Saverio Cappello, mentre Angelo Torcasio, Antonio Curcio e Maurizio Molinaro ebbero il ruolo di fiancheggiatori. Le più importanti sono le rivelazioni del boss Giuseppe Giampà, figlio di Francesco “il Professore” capo storico della cosca e da anni in galera. Il giudice delle indagini preliminari Abigail Mellace che ha firmato l’ordinanza, nella ricostruzione dell’evento scrive che si tratta di confessioni «provenienti da colui che all’epoca dei fatti rivestiva un ruolo di primaria importanza nell’ambito della cosca, e fu uno dei principali artefici dell’azione delittuosa, recitando un ruolo da protagonista, insieme a Pasquale Giampà, Vincenzo Bonaddio e Aldo Notarianni, sia nella fase decisionale e programmatoria (con l’assegnazione dei ruoli a ciascuno dei partecipi e dei materiali esecutori Saverio Cappello e Domenico Giampà), sia nella fase della fattiva organizzazione della stessa (con la predisposizione di armi, mezzi, equipaggiamento e appoggio logistico), fase in cui fu coadiuvato in maniera più presente da Maurizio Molinaro, Angelo Torcasio e Antonio Curcio ».

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