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L’ennesimo attentato
dietro l’affondamento
del peschereccio

 Saranno le indagini a “certificare” le cause dell’affondamento, ma da quanto finora emerso a fare colare a picco il peschereccio “ Giuseppe Padre” è stato un attentato. L’imbarcazione, di proprietà dei fratelli Ceravolo, imprenditori ittici di Vibo Marina, ieri è stata riportata a galla dopo ore e ore di lavoro da parte dei sommozzatori della Marnav & Palumbarus e del nostromo di porto. Le operazioni di recupero del peschereccio, adagiato a oltre otto metri di profondità e con uno “sbandamento” (cioè inclinatura) di 50 gradi, sono state infatti complesse e rese ancora più difficili dal peso della barca completamente piena d’acqua e invasa dal fango. Iniziato intorno alle 8 il lavoro dei sommozzatori – che per far risalire il peschereccio hanno posizionato sedici palloni (gonfiati sott’acqua), di cui tre ceduti dalla Guardia di finanza e imbragato con delle funi il natante – si è concluso alle 14 quando l’imbarcazione con solo la cima fuori dall’acqua è stata tirata verso la banchina Bengasi dove poi è stata fatta riemergere completamente, con l’utilizzo di una gigantesca gru. Una volta recuperato il peschereccio la palla è, di fatto, passata completamente nelle mani della Capitaneria di porto-Guardia costiera di Vibo Marina per le indagini. Ma alla vicenda, comunque, si stanno interessando pure i carabinieri della Stazione di Vibo Marina e della Compagnia di Vibo e non è da escludere che anche la Dda di Catanzaro ci metta il naso.

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