E' una pena esemplare quella inflitta dai giudici del tribunale dei minorenni di Catanzaro nei confronti di Davide Morrone, il diciottenne che, nel maggio del 2013, uccise la fidanzata sedicenne, Fabiana Luzzi, bruciandone il corpo quando la ragazza era ancora viva. Il ragazzo, che all'epoca dei fatti, aveva 17 anni, è stato condannato a 22 anni di reclusione, una pena che suona come un monito contro il reato di femminicidio. Il diciottenne, che ha preferito non partecipare all'udienza conclusiva del processo, ha atteso la sentenza in una comunità di recupero della Liguria, dove si trova da alcune settimane. A comunicargli la decisione dei giudici sono stati i genitori. Ed in particolare la madre del ragazzo, visibilmente provata, ha lasciato l'aula del tribunale dei minorenni di Catanzaro sostenendo che "non lascerò solo mio figlio. Non lo lascerò in carcere perchè è un ragazzo che sta male". La giornata più lunga di Davide Morrone ha avuto inizio stamane quando il pubblico ministero, Rita Tartaglia, ha tenuto la sua lunga requisitoria al termine della quale ha chiesto la condanna a 24 anni dell'imputato. Nel suo intervento il rappresentante della pubblica accusa non ha fatto sconti ed ha definito Davide Morrone come un "incurabile assassino". Un ragazzo lucido che sapeva cosa stava facendo quando "accoltellava la sua fidanzata e quando poi ne ha bruciato il corpo nonostante la ragazza tentava di difendersi". Una ricostruzione, quella fatta dal pubblico ministero, che ha dato pochi margini di manovra alla difesa anche sul fronte della paventata incapacità di intendere e di volere del ragazzo al momento del fatto. E tutto questo lo dimostra il fatto che "il ragazzo era lucido - ha aggiunto il Pm - e lo dimostrano le risposte date ai genitori che lo chiamavano a telefono". Una tesi, quella dell'accusa, fortemente contestata dai difensori del diciottenne, gli avvocati Giovanni Zagarese ed Antonio Pucci, secondo i quali il ragazzo è "totalmente incapace di intendere e di volere". Per la difesa, che ha già annunciato ricorso in appello, la posizione del pubblico ministero è stata quella di un "trattamento sanzionatorio non adeguato alla giustizia minorile. Una durezza del pubblico ministero che trova giustificazione nell'esposizione mediatica che ha avuto il caso". I genitori di Fabiana, nonostante la sentenza, continuano a restare chiusi nel loro dolore. Solo il padre della sedicenne uccisa, Mario Luzzi, rompe il silenzio che si era imposto oggi e non nasconde che "avrei preferito una condanna all'ergastolo, ma la giustizia minorile non lo prevede. La Procura ha svolto un lavoro encomiabile che ha portato all'applicazione del massimo della pena. In questi casi, però, non si può parlare di giustizia perchè noi non abbiamo più nostra figlia". Ma Mario Luzzi lancia anche un appello affinchè "questa sentenza sia un monito contro tutti i femminicidi che avvengono in Italia. Questa sentenza è importante perchè speriamo rappresenti un esempio per quanti si macchiano di un crimine così orrendo". (ANSA) |
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